La Web tax è stata spostata ufficialmente al 2019, ma nonostante ciò continuano le trattative che dovranno completare il corpus normativo. Lo scopo è ben chiaro: la web tax sarà la direttiva di base per la tassazione delle imprese digitali che operano nel contesto europeo. Niente di allarmante sul fatto che nella nuova norma rientrano aziende come Facebook, Google & Co, diversamente invece se ne facciano parte i fornitori di servizi di intrattenimento digitale come Netflix, Prime Video e tutti gli altri.
Nelle ultime ore infatti la situazione è cambiata. Il Parlamento UE ha stabilito che nella fornitura di servizi digitali rientrino anche i contenuti “audio, video, foto e testi”, il tutto indipendentemente dal fatto che chi li fornisce ne abbia titolarità o semplicemente un diritto di distribuzione. In pratica, qualora l’iter giunga a compimento recependo questa norma, Netflix (che è citato direttamente nel testo del Parlamento Europeo) e gli altri saranno soggetti all’intera normativa e quindi alla tassazione che verrà fissata.
Al momento non c’è ancora nulla di ufficiale, in quanto l’ultima parola spetta al Consiglio e non al Parlamento il quale ha un ruolo consultivo in ambito fiscale.
Di certo è che se tale norma entrasse in vigore anche sui contenuti audiovisivi, a rimetterci è sicuramente l’utente finale poiché potrebbe probabilmente vedere un aumento non indifferente dei canoni mensili degli stessi servizi digitali.
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