E se poi non ci si può fidare più neanche dell’antivirus, non c’è più religione. Secondo la famosa rivista inglese Computing, la nuova policy permette“the collection and sale of personal information relating to browsing history, searches, location and meta-data”, che per chi non masticasse bene l’inglese, significa “la raccolta e la vendita di informazioni personali relative alla cronologia dei browsers, le ricerche, la locazione e altri insiemi di dati“.
Ovviamente, anche prima le policy consentivano la raccolta, ma era ben esplicitato che venissero raccolti dati unicamente a scopo informativo e per l’analisi e la ricerca di malware o programmi dal comportamento sospetto individuati sul PC dell’utente.
AVG si difende dichiarando che vengano raccolte tutte una serie di informazioni che non sono personali e che non identificano personalmente, ma a questo punto siamo andati a spulciare la policy e abbiamo trovato alcuni punti che meriterebbero delle risposte:
“Raccogliamo dati non personali per fare soldi dalle offerte libere in modo che possiamo mantenere free, tra cui:
- Advertising ID associato al vostro dispositivo;
- Informazioni di navigazione e cronologia di ricerca, compresi i metadata;
- Informazioni sui provider dei servizi Internet o di rete mobile che si utilizzano per connettersi ai nostri prodotti;
- Informazioni riguardanti le altre applicazioni presenti sul vostro dispositivo e come vengono utilizzati. “
e poi una stringa che recita che verranno venduti o condivisi “certain personal data” con i partners affiliati. Alexander Hanff è stato quotato da Computing nell’affermare che queste policy siano del tutto inaccettabili e che tutto ciò sia in disaccordo con la normativa europea (la data-protection legislation) come la GDPR (General Data Protection Regulation).
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