ASRock e X299–>
Quando si pensa alle piattaforme HEDT (Threadripper per AMD e Skylake-X per Intel, al momento), la prima cosa che salta in mente è l’enorme esborso che bisogna intraprendere quando si acquista una piattaforma di fascia High End, soprattutto per quanto riguarda SKL-X, che rispetto a Threadripper presenta un rapporto prezzo/prestazioni parecchio inferiore.
Uno dei motivi principali, è il costo della scheda madre, che spesso e volentieri è pari o superiore a 250 €, per avere una mainboard completa e non “castrata”.
Conscia di tutto ciò, ASRock ha lavorato alla creazione di un prodotto che combinasse gran parte delle features e della qualità costruttiva della piattaforma enthusiast di Intel all’incredibile rapporto qualità prezzo che da sempre caratterizza l’azienda Taiwanese.
La scheda di cui stiamo parlando è la ASRock X299 Extreme4, mainboard interessantissima per le scelte di design utilizzate e per l’aggressivo price tag di cui dispone, e oggi, la metteremo a dura prova insieme ad un Intel Core i9 7920X, la CPU che abbiamo utilizzato nelle più recenti review di X299 che sembra essere in grado di mettere in ginocchio qualsiasi scheda in cui venga installato.
Nelle prossime pagine, la review completa!
Specifiche tecniche: ASRock X299 Extreme4–>
Di seguito le specifiche tecniche della scheda madre oggi recensita. Per ulteriori informazioni e per scaricare i driver più aggiornati, vi invitiamo ad andare sul sito ufficiale di ASRock:
La ASRock X299 Extreme4 è una scheda madre “entry-level” basata su chipset X299 e socket LGA2066, con 8 slot DIMM divisi in due banchi da 4, uno ad ogni lato del socket. Il supporto è garantito a tutte le CPU disponibili al momento per questa piattaforma, incluse quelle quad core 7640X e 7740X.
Sul fronte delle RAM, sono ovviamente supportate le memorie DDR4, con capienza massima di 128 GB e frequenza massima di 4200 MHz (o più, CPU e RAM permettendo).
Una delle cose che salta subito all’occhio è come questa scheda madre, rispetto alle soluzioni dei brand competitors e anche ad alcune soluzioni di fascia superiore di ASRock stessa, utilizzi due cose specificamente progettate per l’utilizzo di CPU che assorbono tantissimi Watt: un doppio connettore EPS 8 pin (al posto di un tradizionale 8 pin singolo o alla più comune combinazione 8+4 pin) e un gruppo di dissipatori in alluminio, molto voluminosi, collegati da una heatpipe, per raffreddare la sezione VRM. Tale approccio è quello che abbiamo visto sulla ASRock Fatal1ty X299 Professional Gaming i9 XE e sulla gemella Taichi XE (che vedrete recensita nei prossimi giorni), ma la differenza sostanziale con quelle due schede madri è la tipologia di MOSFet utilizzati, ma scenderemo nei dettagli più in avanti.
Il layout permette di installare senza problemi un sistema SLI o CFX a 2 vie, grazie allo spacing tra gli slot PCIe, e sfortunatamente, non permette sistemi a 3 o 4 vie. Non che la cosa sia rilevante, visto che già utilizzando due schede, invece di una, non si riceve un gran supporto da parte devli sviluppatori.
L’audio è affidato, come da standard, ad un chip Realtek ALC1220 capace di utilizzare audio surround 7.1, e nella serie di connessioni troviamo un totale di 8 porte USB (2 di tipo 2.0, 4 di tipi 3.1 Gen1, 1 3.1 Gen2 Type-A e 1 3.1 Gen2 Type-C), due porte PS/2, una porta Gigabit Ethernet (mossa da un chip Intel), un tasto per il CMOS del BIOS e le classiche porte I/O per l’audio, compresa una porta S/PDIF.
Visto che ci troviamo di fronte ad una scheda entry level, ovviamente tutte le features che sono considerate “superflue”, come il WiFi (per cui però è presente la predisposizione), o il BCLK Engine, che permette la modifica del Base Clock per un fine tuning maggiore quando si fa overclock. Non si tratta di cose importantissime, ma è bene evidenziare dove l’azienda ha fatto tagli: nelle features aggiuntive.
La qualità costruttiva rimane identica a modelli ben più costosi, e le fasi di alimentazione utilizzate, 10+1 (raddoppiate tramite doubler sul retro della scheda con 5 Intersil ISL6596) Fairchild FDPC5030 indirizzate da un controller Intersil ISL69138, sono un giusto compromesso tra qualità e costo all’utente finale.
Skylake-X al microscopio–>
Come già anticipato in apertura, il fatto che sullo stesso chipset (X299) e socket (LGA2066) siano state lanciate due piattaforme completamente diverse (Kaby Lake-X e Skylake-X) ha generato non poca confusione, soprattutto per la netta differenziazione delle CPU SKL-X in base al numero di linee PCIe di cui dispongono. Questa, infatti, è la prima volta che la piattaforma Intel HEDT (High End DeskTop) dispone di due differenti architetture allo stesso tempo, dove i sistemi mainstream Kaby Lake vedono un adattamento sulla nuova base di fascia alta.
Per darvi un’idea di come tutto questo complichi le cose, sia per noi che dobbiamo spiegarvi le cose sia per voi che alla fine dovrete valutare le varie opzioni per l’acquisto di un nuovo PC, tutto, a partire dall’allocamento delle linee PCIe al layout delle connessioni I/O del PCH cambieranno radicalmente a seconda del processore installato. Dovrete inoltre prestare tantissima attenzione riguardo all’installazione delle memorie a seconda della CPU scelta, visto che ogni architettura gestisce le RAM in modo differente. Cercherò di essere il più chiaro e dettagliato possibile, tenendo comunque conto che Skylake-X e Broadwell-E hanno ancora un bel po’ in comune.
Una delle caratteristiche della serie di CPU Skylake-X è un “riporto” dalla precedentemente menzionata piattaforma BDW-E: Intel Turbo Boost Max 3.0. In parole semplici, TBM3 determina quali core specifici di una particolare CPU sono capaci di funzionare a velocità maggiori durante carichi single thread, aumentando la loro frequenza. Esso fa tutto ciò monitorando attivamente le temperature e quanti core sono in utilizzo in ogni momento, in modo da stimare la corrente in entrata e il consumo di energia. Se c’è spazio di manovra, il (o i) core attivo avrà via libera per funzionare a velocità superiore.
In pratica ciò garantisce una “terza marcia” al di sopra dei tipici rapporti base e turbo che siamo abituati a vedere, ma la differenza in Skylake-X è quanti core boosteranno alla suddetta frequenza Max 3.0. Laddove BDW-E aveva un singolo “miglior” core, ora c’è la possibilità di avere fino a due core che raggiungano velocità superiori. Già da sola, questa feature potrebbe rappresentare una differenza chiave nel gaming, dove molti dei giochi più popolari oggi tendono a beneficiare da design a pochi core ma a frequenza maggiore. Ciò, d’altro canto, evidenzia anche come alcune delle CPU nella famiglia SKylake-X possano essere incapaci di soddisfare per le loro mediocri prestazioni nei giochi.
Skylake-X in realtà ha diversi aggiornamenti all’architettura dei core, inclusa una nuova struttura “Mesh” derivata dagli Xeon, la quale sembra essere molto simile all’Infinity Fabric di AMD. Questa cosiddetta rete rimpiazza l’architettura di bus ad anello, molto meno scalabile, con una colonna vertebrale di interconnessione altamente adattabile che utilizza una serie di strade più dirette tra controller I/O, memoria, cache e core. Si suppone che tale cambio consenta di ottenere latenze inferiori e di rendere il die più scalabile con uno sforzo minore.
Il passaggio a questo layout migliora inoltre l’accessibilità della cache di ultimo livello on-die. Comunicando efficientemente con questo grosso blocco di cache è un aspetto fondamentale per gli sviluppatori di software e in questo caso tutti i livelli di cache possono ricevere l’accesso con la minima variazione di latenza. Da ciò, deriva il fatto che Intel abbia stravolto completamente la gerarchia di caching delle proprie CPU.
Le precedenti generazioni di processori HEDT presentavano una cache L3 condivisa fino a 2.5 MB per core e 256 KB per core di cache L2. Tale struttura cambia ora con una cache L3 fino a 1.375 MB per core, che potrebbe causare qualche problema con applicazioni workstation ad alto carico multithread che tendono a martellare senza pietà sulla cache L3. Comunque sia, la nuova interconnessione a rete a bassa latenza potrebbe alleviare parte del collo di bottiglia tramite una comunicazione più efficiente.
Per combattere qualsiasi discrepanza percepita nella nuova cache, poi, Intel ha quadruplicato la cache L2, dando ad ogni singolo core addirittura 1 MB.
Partiamo dalla cima di questa tabella: le quattro CPU a 12, 14, 16 e 18 rappresentano una completa novità nella lineup desktop di Intel, visto che la precedente generazione si fermava a 10 core, e la targhetta del prezzo sembra rispecchiare tale novità, con prezzi che vanno da 1200 a 2000$ (e che si traducono spesso in altrettanti Euro, se non più). Le frequenze operative sono particolarmente contenute (soprattutto per il modello da 12, 16 e 18 core, che non arrivano a 3 GHz di frequenza base), mentre i boost sono comunque particolarmente spinti, in rapporto alla generazione precedente rappresentata da Broadwell-E.
Andando avanti, i processori che per primi sono stati disponibili al momento del lancio della piattaforma sono quelli da 6 a 10 core, spaziando dal 7800 X al 7900X. In alto, abbiamo quest’ultimo (7900X), che va a scontrarsi con il 6900K con 2 core e 4 thread in più, 44 linee PCIe invece di 40 e frequenze maggiori. C’è da dire, tutto ciò evidenzia come Intel abbia ricevuto pressione, sia dagli utenti che dal mercato minacciato dal ritorno di AMD, sul posizionamento dei suoi prodotti in base al prezzo. Certo, 1000€ possono sembrare tanti, ma rispetto a quanto offerto a parità di prezzo nella precedente generazione, ci sembra un prezzo “equo”. Equo, però, perché inanzitutto il 6900K costava fin troppo.
Le specifiche, la frequenza e il consumo di corrente dell’i9 7900X (e del 7920X che oggi testeremo) ci indicano i passi da gigante fatti da Intel nel raffinare il processo produttivo a 14 nm. Le frequenze base, Turbo e Turbo 3.0 sono rispettivamente 300, 800 e 500 MHz più alte rispetto al 6950X, e nel frattempo, il supporto RAM aumenta da 2400 MHz a 2666 MHz, mentre il TDP rimane invariato a 140 W, una cosa impressionante vista la potenza computazionale in gioco.
Laddove l’obiettivo di Intel con le cpu i9 79xx sembri abbastanza chiaro, avventurarci nella lineup di i7 78xx rende le cose meno semplici.
Partiamo con l’i7 7820X, un processore che a prima vista sembra seguire i passi del 6850K. Come da andamento per le CPU SKL-X, il 7820X riceve un upgrade a 8 core e 16 thread, e in più riceve un discreto boost di frequenze. Esso riceve inoltre il miglioramento per il Turbo 3.0 a 2 core. Dove le cose si confondono, però, è guardando le linee PCIe della CPU, visto che il 6850K ne aveva 40, mentre il suo “erede” se ne vede assegnate soltanto 28, rendendo l’approccio a doppia GPU difficile senza un bridge PLX (particolarmente costoso) sulla mainboard che dovrete scegliere. Le frequenze supportate per le RAM, inoltre, vengono decurtate a 2400 MHz. La domanda quindi è abbastanza semplice: siete disposti a sacrificare il supporto a due GPU per un numero superiore di core e frequenze superiori?
L’i7 7800X ha dovuto accollarsi una responsabilità non indifferente, visto che l’i7 6800K è stato forse il processore più comprato nella lineup di Broadwell-E. Sembra che Intel, invece di andarci piano scalando dal 7820X al 7800X, abbia avuto “mano pesante”. Questo processore, infatti, presenta 6 core e 12 thread, 28 linee PCIe e si vede privata del Turbo Boost Max 3.0. Per fortuna, ha una boost frequency di 4.0 GHz, ma se avete un 6800K o un 6850K, l’upgrade è fortemente sconsigliato.
La serie 78xx è importantissima per il successo di questa piattaforma, visto che va a scontrarsi con le offerte di AMD (sia Ryzen che Ryzen Threadripper) dal rapporto prezzo/prestazioni migliore, caratterizzate da un numero uguale o superiore di core/thread ma di frequenze operative e IPC inferiori.
Mentre sembra che Intel abbia fatto spazio a più CPU nella nuova lineup castrando fortemente alcune di esse, la ragione potrebbe essere spiegata in 9 lettere: Kaby Lake-X. Vediamo di cosa si tratta.
Kaby Lake-X: l’inesplicabile, reso comprensibile–>
Se il passato ha fatto da guida finora, la nostra descrizione della nuova serie HEDT di Intel avrebbe dovuto fermarsi alla pagina precedente. Ma nel 2018 (e anche nel 2017, per dire) sembra andare di moda confondere gli utenti con nomi, schemi, architetture, versioni, edizioni limitate o speciali e così via. Ecco quindi Kaby Lake-X, una serie di CPU incastrate in questo lancio in un modo inconsueto e che di certo solleva qualche perplessità quando si parla di una piattaforma di fascia alta. Avrete forse notato come le CPU nell’ultima pagina fossero etichettate come Skylake-X, e ciò perché nessuno di tali features fanno capolino sui processori Kaby Lake-X.
La ragione per cui sono stato un po’ “acido” nelle precedenti righe e pagine è perché aggiungere Kaby Lake-X ai sistemi X299 provoca tutta una serie di conseguenze che influenzano direttamente il set base di features della piattaforma. Sebbene queste CPU usino comunque il socket LGA2066, hanno soltanto memorie in dual channel, quindi 4 degli 8 tipici slot delle schede madri X299 saranno inutilizzabili. Essi hanno inoltre soltanto 16 linee PCIe, quindi anche le opzioni in termini di connettività sono limitate, ancor più della già castrata serie di CPU 78xx.
Nemmeno il Turbo Boost Max 3.0 non è disponibile e le fondamenta dei miglioramenti di alchitettura di Skylake-X come l’interconnessione a rete e la gerarchia rinnovata della cache, vengono utilizzate da tale piattaforma.
Fatto quindi il resoconto di ciò di cui dispongono le CPU Kaby Lake-X, potete facilmente rendervi conto che tali processori risultino parecchio familiari, e in realtà, il motivo è semplice: infatti, essi non sono altro che normalissimi processori Kaby Lake saldati su un interposer LGA2066 e con un piccolo “boost” in frequenze, sia sul fronte del base clock, che delle memorie ufficialmente supportate, portandolo a 2666 MHz.
In cima a questa peculiare lineup, c’è l’i7 7740X, identico al 7700K in specifiche se non per una frequenza base di 4.3 GHz invece che di 4.2 GHz, giusto per delineare una differenza con una CPU uscita 6 mesi prima su una piattaforma decisamente più economica. Il prezzo, tra l’altro, è identico alla controparte LGA1151.
L’i5 7640X è praticamente la stessa cosa: un miglioramento in frequenza di ben 200 MHz rispetto al 7600K, ma tutto il resto rimane invariato, e anche stavolta il prezzo è identico alla versione per LGA1151.
La variazione del TDP è un fattore interessante coi processori Kaby Lake-X, visto che stavolta hanno un valore pari a 112 W invece che i “classici” 91 W di Kaby Lake liscio. Ovviamente, c’è una perdita di efficienza nel momento in cui viene utilizzato un package più largo, ma ciò non significa che il processore in sé utilizzerà più corrente. Piuttosto, lo spazio di manovra ulteriore dato dal TDP più alto potrebbe permettere loro di mantenere frequenze più alte e, al contempo, permettere overclock più spinti. E tutto ciò è stato confermato da mesi di record su record ottenuti sulla piattaforma X299, grazie soprattutto al 7740X.
A questo punto vi starete domandando: che senso hanno queste CPU? Beh, se lo chiedete a me, la risposta è: nessuno. Se invece volete la risposta ufficiale di Intel, essa è: tali CPU permettono di acquistare gradualmente una piattaforma X299, rappresentando un punto d’ingresso nel mondo HEDT. Tale spiegazione fa capire perché Kaby Lake-X non presenti differenze tecnologiche con Kaby Lake su Z270.
L’aggiunta di Kaby Lake-X ha inoltre reso necessario castrare i chip della serie 78xx, visto che Intel si è trovata spalle al muro. Se l’azienda avesse trasportato di pari passo le linee PCIe della serie 6800, mantenendo prezzi competitivi nei confronti delle CPU AMD Ryzen, le vendite di CPU come il 7700K ne avrebbero risentito.
Con KBL-X, la distinzione tra le varie serie di CPU si affievolisce, causando un sovraffollamento tra i 250 e i 400$. La loro aggiunta ha costretto Intel a limitare l’i7 7820X a sole 28 linee, per paura diventasse il processore con il miglior rapporto tra prezzo e prestazioni.
X299: qualcosa di già visto con un nome nuovo–>
Prima di entrare nel dettaglio, è importante tornare indietro nel tempo e discutere X99. Quando fu rilasciato, la domanda era semplice: questo chipset ha più vite di un gatto? Perché con un’attenta analisi, X99 non era altro che X79 con il supporto a U.2, storage su PCIe e tanti altri piccoli dettagli. X99, però, non era al passo coi tempi visto che era legato al protocollo PCIe 2.0 e quindi si sforzava per incorporare svariate interfacce di next-gen per lo storage.
X299 è un po’ differente… prendendo in prestito uno o due “dettagli” dal chipset Z270 di Intel stessa e aggiungendo, infine, una sana dose di linee PCIe collegate alla CPU. Di fatto, guardando fisicamente il PCH, è davvero difficile distinguerlo dall’altro chipset utilizzato per le CPU decisamente meno costose della linea Kaby Lake.
C’è tanto da parlare sul fronte CPU (soprattutto sul fatto che su LGA2066 troviamo le stesse CPU che troviamo su LGA1151), quindi ci soffermeremo, stavolta, sulle capacità di X299. In soldoni, è una sorta di copincolla da Z270, che può essere una cosa positiva ma anche negativa. Da un latro, ci sono significativi upgrade rispetto al poco brillante X99, ma far passare X299 come chipset di fascia alta è un po’ fazioso. Mettiamola così: ribrandizzare Z270 come X299 (tranne qualche differenza di poco conto) e poi chiedere un price premium non farà guadagnare ad Intel alcun amico.
Indipendentemente da quanto questa piattaforma rispecchi Z270, essa rappresenta ancora un significativo upgrade rispetto a X99 visto che adesso – finalmente – c’è stato un movimento verso un’infrastruttura PCIe 3.0 piuttosto che 2.0 dell’anno passato. Sfortunatamente, non c’è ancora il supporto nativo a USB 3.1 o storage su NVMe ma le 24 linee PCIe che partono dal PCH sono più che abbastanza per fornire abbastanza bandwidth ai controller richiesti per funzionalità I/O di alto livello.
Ci sono inoltre 8 porte SATA III native e 10 porte USB 3.0 che dovrebbero fornire abbastanza banda passante per le periferiche connesse e più soluzioni di storage base. Sfortunatamente, nessuna di queste interfaccie è particolarmente votata al futuro, il che lascia capire che questo PCH sia una sorta di transizione tra X99 e qualsiasi altro chipset Intel stia progettando. Forse è per questo che sembra un rebrand di Z270.
Così come con Z270, Intel utilizza la connessione proprietaria DMI 3.0 per collegare PCH e CPU. Quest’interfaccia a 4 linee PCIe consente di avere una connessione doppia rispetto al DMI 2.0 che caratterizzava X99, il che è una buona notizia considerando che ci si aspetta che questa nuova piattaforma tenga il passo con storage high bandwidth. Comunque, ci domandiamo se sia sufficiente ad installare più drive NVMe.
Qualsiasi processore della lineup Skylake-X installato in una scheda madre X299 porta con sé capacità addizionali, ma prima di addentrarci nel discorso, parliamo del layout generale degli slot grafici e del supporto alle memorie. Nella fascia alta, c’è al momento una singola CPU con 44 linee PCIe (7900X, 7920X, 7940X, 7960X e 7980XE) che possono essere configurate in due layout differenti: o due GPU 16x 16x o il potenziale di tenere le schede in 3-way con connessioni 16x 16x 8x. Ciò lascia 4 linee addizionali per connessioni successive come un setup RAID di SSD NVMe direttamente connessi alla CPU tramite la tecnologia VROC(Virtual Raid on CPU) di Intel che è in dirittura di arrivo. Queste CPU supportano memorie quad channel.
I processori da 28 linee PCIe come l’i7 7820X e l’i7 7800X subiscono una differente implementazione a causa della loro singolare allocazione PCIe. Quando due schede grafiche sono installate, le linee PCIe switchano a 16x 8x mentre setup a 3 schede grafiche non sono supportati senza un bridge PCIe che alcune delle schede madri di fascia alta potrebbero avere. Anch’essi supportano memorie in quad channel, come gli i9 precedentemente menzionati.
Infine, c’è Kaby Lake-X con le sue 16 linee PCIe che si comportano esattamente come su Z270. Con una GPU singola installata, la scheda presenta una connessione 16x mentre il secondo slot viene disattivato completamente. Una volta inserita una seconda scheda, uno switch interno divide le linee in un layout 8x 8x. Il supporto alle memorie per questi processori è quantomeno singolare, con le sole configurazioni dual channel ad essere supportate. Ciò significa che la CPU avrà accesso solo agli slot a destra del socket, mentre i 4 a sinistra vengono disattivati.
Galleria fotografica: ASRock X299 Extreme4–>
Ecco una serie di immagini che ritraggono la ASRock X299 Extreme4:
Ecco qui invece, alcune foto della sezione di alimentazione:
Come anticipato, la sezione di alimentazione è composta da un sistema a 10+1 fasi, tutte Fairchild FDPC5030, capaci di erogare 25 A ciascuna, per un totale di 250 A, gestite da un controller Intersil ISL69138. Ovviamente, tale controller gestisce al massimo 8 fasi, quindi ci troviamo di fronte ad un sistema a fasi raddoppiate, con degli Intersil ISL6596 sul retro che, di fatto, rendono le fasi un sistema 5+1 raddoppiato. Le memorie hanno gli stessi VRM (Fairchild FDPC5030), 2 per ogni lato del socket, e ogni coppia è gestita da un controller UPI uP1674 PWM che ne gestisce anche la modulazione.
Configurazione di sistema e metodologia di test–>
La configurazione utilizzata per i test è la seguente:
CPU | Intel Core i9 7920X |
---|---|
Heatsink | Noctua NH-U12S |
Mainboard | ASRock X299 Extreme4 |
RAM | G.Skill TridentZ 3600 MHz C15 32 GB |
VGA | Sapphire Radeon RX560 Pulse 4 GB OC |
Sound Card | – |
HDD/SSD | Patriot Hellfire 240 GB M.2 NVMe SSD |
PSU | Seasonic Prime Gold 850 W |
Case | Streacom BC1 Open Benchtable |
Monitor |
|
Keyboard | Cooler Master MasterKeys Pro L GTX Edition |
Mouse | Razer Naga Hex V2 |
OS | Windows 10 Pro x64 1709 |
Benchmark sintetici:
- SuperPI 1.5 mod XS 1M e 32M
- WPrime 1.55 32M e 1024M
- Cinebench R11.5
- Cinebench R15
- AIDA64 Photoworxx
- AIDA64 ZLib
- AIDA64 AES
- AIDA64 Hash
- AIDA64 VP8
- AIDA64 SinJulia
Benchmark grafici:
- Ashes of the Singularity, preset Crazy, 1080p, benchmark CPU Focused (DX12)
- 3DMark Fire Strike (DX11)
- 3DMark Time Spy (DX12)
Benchmark sintetici: AIDA64–>
AIDA64 è uno strumento di analisi, diagnostica e benchmarking per sistemi Windows (e più recentemente, Android), che dispone di una vastissima suite di benchmark e che è diventato, nel tempo, un software di riferimento tra utenti e professionisti per il moitoraggio e il confronto di tutto l’hardware all’interno del proprio PC.
CPU Photoworxx
Questo benchmark esegue diverse operazioni comuni utilizzate durante il fotoritocco. Per la precisione, esegue un numero di operazioni di modifica su un’immagine RGB molto larga.
Questo benchmark stressa le unità SIMD della CPU e il sottosistema delle RAM. CPU Photoworks usa laddove presenti le librerie di istruzioni x87, MMX, MMX+, 3DNow!, 3DNow!+, SSE, SSE2, SSE3, SSE4.1, SSE4A, AVX, AVX2 e XOP e trae beneficio di NUMA, HyperThreading, sistemi multiprocessore e multicore.
CPU ZLib Benchmark
Questo benchmark integer misura le prestazioni combinate di CPU e memorie tramite la libreria di compressione open source ZLib. Il test CPU ZLib utilizza solo le istruzioni base x86 ma ciononostante è un buon indicatore delle prestazioni generali del sistema.
CPU AES Benchmark
Questo benchmark misura le prestazioni della CPU utilizzando la crittografia dati AES (Advanced Encryption Standard). In crittografia, AES è uno standard di crittaggio a chiave simmetrica, ed è utilizzato in svarati strumenti di compressione come 7-zip, WinRAR, WinZIP e anche in soluzioni di encrypting come BitLocker (Windows), FileVault (Mac OSX) e TrueCrypt (open source). Il test AES Benchmark usa le appropriate istruzioni x86, MMX e SSE 4.1, ed è accelerato a livello hardware su processori abilitati tramite il set di istruzioni AES-NI. Questo test rileva e sfrutta HyperThreading, sistemi multiprocessore e multicore.
CPU Hash Benchmark
Questo benchmark misura le prestazioni CPU utilizzando l’algoritmo di hashing SHA1 definito nella FIPSPS 180-3. Il codice dietro questo benchmark è compilato in Assembly, e più importante, utilizza librerie di istruzioni MMX, MMX+, SSE, SSE2, SSSE3 e AVX, con prestazioni superiori su processori che supportano tali instruction sets.e on supporting processors.
FPU VP8 / SinJulia Benchmarks
Il benchmark di AIDA FPU VP8 misura le prestazioni di compressione video utilizzando il codec di Google VP8 (utilizzato per i file WebM) aggiornato alla versione 0.9.5 e stressa l’FPU (Floating Point Unit) della CPU. Il test codifica fotogrammi video dalla risoluzione di 1280×720 in 1 pass ad un bitrate di 8 Mbps con impostazioni di qualità massima. Il contenuto dei fotogrammi viene poi generato dal modulo FPU Julia. Il codice che gestisce questo benchmark utilizza librerie MMX, SSE2 e SSSE3. SinJulia, invece, misura le prestazioni in floating point a precisione estesa (conosciuta anche come 80-bit) tramite il calcolo di un singolo fotogrammi di un frattale “Julia” modificato. Il codice di questo benchmark è scritto in Assembly, e utilizza istruzioni trigonometriche ed esponenziali x87.
Benchmark sintetici 2D: SuperPI e WPrime–>
SuperPI
Un metodo tradizionale per verificare le prestazioni del proprio PC è utilizzare SuperPI mod 1.5 XS: il programma si occupa di calcolare dalle 16k ai 32M di cifre dopo la virgola del π, con una scalabilità clock per clock davvero sorprendente per un programma creato nel 1995. Il programma calcola l’efficienza single-threaded piuttosto che quella multithreaded:
WPrime
Insieme al calcolo delle cifre dopo la virgola del π, un altro metodo valido per verificare le performance del proprio PC è utilizzare WPrime, da noi usato nella versione 1.55 (la stessa valida per i benchmark di HWBot), che consente di trovare dai 32M ai 1024M di numeri primi. Il programma scala enormemente in presenza di CPU multi-core, rappresentando un valido benchmark per il calcolo dell’efficienza multithreaded:
Benchmark sintetici: Cinebench R11.5 e Cinebench R15–>
Cinebench R11.5 e R15
Come da tradizione (e in questo caso particolare, utilizzarli è obbligatorio, come vedrete), fanno capolino tra i benchmark con cui testiamo le prestazioni di un sistema anche le ultime due release di Cinebench, rispettivamente la R11.5 e la R15. Entrambi i test utilizzano un approccio simile di testing: i benchmark utilizzano svariati algoritmi per stressare tutti i core disponibili per renderizzare una scena 3D fotorealistica nel minor tempo possibile. In particolare, con il benchmark nella versione R15, la scena del test contiene approssimativamente 2000 oggetti contenenti più di 300’000 poligoni totali, e usa riflessi sia definiti che sfocati, ombre e luci a zona, shaders procedurali, antialiasing e tanto altro ancora. Questo benchmark può effettuare misurazioni fino ad un massimo di 64 threads, con il risultato che viene fornito in punti (Points): ovviamente, più punti totalizzate, più potente sarà il vostro sistema:
Benchmark 3D: 3DMark, Ashes of the Singularity–>
3DMark Fire Strike e Time Spy
In concomitanza con il lancio di Windows 8, Futuremark ha lanciato il nuovo 3DMark, chiamato appunto 3DMark, senza alcun numero riconoscitivo, a segnare la forte integrazione che ha con qualsiasi sistema, da Android a Windows a iOS a OSX, dando per la prima volta la possibilità di paragonare le prestazioni su smartphone e PC fisso in maniera schematizzata e professionale. Il benchmark dispone di svariati test, di cui utilizziamo i più intensivi per mettere alla prova le schede video.
Tra questi, il più impegnativo è il Fire Strike, che spinge la tessellazione a livelli davvero elevati, e che “vanta” due versioni ancora più spinte: Extreme (con scene pre-renderizzate a 2560×1440) ed Ultra (scene pre-renderizzate a 3840×2160, ovvero 4K). Purtroppo, a nostra disposizione
Recentemente, invece, è stato introdotto il benchmark Time Spy, che testa le prestazioni delle GPU sfruttando le nuove API Microsoft DirectX 12, con scene pre-renderizzate a 2560×1440:
Ashes of the Singularity
Ashes of the Singularity è quello che Stardock (la software house creatrice del gioco) definisce come un gioco strategico di warfare planetario, e con le sue mappe enormi e le migliaia di unità a schermo durante i combattimenti full-scale, non si può far altro che dare ragione all’azienda.
Ciò che viene spesso associato ad Ashes è l’incredibile onere che applica ai sistemi grafici (e non solo, il gioco è famelico di core e GHz), tramite l’utilizzo di DirectX 11 e 12. Il preset Crazy è in grado di mettere in ginocchio qualsiasi GPU in commercio già alla risoluzione Full HD. Il gioco si avvale del supporto alle tecnologie AMD, prendendo spunto dal motore grafico Nitrous utilizzato in uno dei primi benchmark per Mantle, Star Swarm:
Considerazioni finali–>
[conclusione]
[titolo]Design, qualità costruttiva e software[/titolo]
Dal punto di vista del design, la X299 Extreme4 presenta uno stile coerente con il resto della lineup di ASRock, con linee abbastanza “universali” e colori neutri, in questo caso una scala di grigi scuri. La qualità costruttiva, nonostante si tratti di una scheda madre budget, è pressappoco al pari con modelli ben più costosi dell’azienda stessa, e il fatto che vengano usati dei voluminosi dissipatori per le VRM fa capire come la scheda venga venduta ad un prezzo irrisorio per quello che offre.
[voto=”9″]
[/conclusione]
[conclusione]
[titolo]Performance e overclock[/titolo]
Facciamo una premessa: durante le nostre review, le schede madri vengono montate su uno Streacom BC1, l’Open BenchTable sviluppato in collaborazione con HWBot e OCTV (che mi avrete visto condurre la stagione scorsa e che presto farà ritorno su Twitch). Ciò significa che l’airflow per le mainboard è nella situazione peggiore: pressoché assente.
Detto questo, la scheda ha avuto un po’ di problemi a dissipare l’enorme quantità di calore dovuta all’alimentazione del 7920X, che a dirla tutta ha assorbito quasi 300 W a default, quindi la cosa è più che comprensibile. Se le prestazioni a default sono di ottimo livello, competitive con modelli di fascia superiore, in overclock c’è stato un forte throttling, risolto con una ventola messa a soffiare aria direttamente sugli enormi radiatori in alluminio dei VRM. Considerando comunque che la scheda è “quotata” per 250 A circa, è bene valutare con attenzione la CPU che andrete ad installare con essa. Diciamo pure che fino a un 7920X (leggermente overclockato) non avrete problemi, ma se vorrete prendere una CPU a 14, 16 o 18 core, è bene che vi dotiate di un case con tanto airflow o, ancora meglio, di un monoblock per questa mainboard, anche se scegliendo una scheda madre così economica, difficilmente opterete per una CPU che di suo costa più di 1500 € o spenderete 100 e più € per acquistare un monoblock compatibile.
In overclock, la scheda ha retto, con suddetta ventola sulle fasi, il nostro 7920X a 4.5 GHz, un valore raggiungibile da schede ben più prestanti, è riuscito a completare gran parte dei test senza cali prestazionali, eccezion fatta per Cinebench R15 e i CPU test associati ai 3DMark, segno che le fasi erano al limite con “soli” 550 W, anche se a dirla tutta, hanno un rating per soli 300-350 W. Ciò significa che coi dovuti accorgimenti, riuscirete a tenere qualsiasi CPU vogliate, a patto di non avventurarvi molto nell’overclock.
[voto=”8″]
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[titolo]Compatibilità e connettività[/titolo]
Sul fronte della connettività, questa scheda madre presenta ottime connessioni I/O considerando la fascia di prezzo, con 8 porte SATA, 2 slot M.2 a 32 Gbps, 8 porte USB (2 2.0, 4 3.1 Gen1 e 2 3.1 Gen2, di cui una Type-A e una Type-C), una NIC Gigabite Ethernet su chip Intel, le classiche connessioni audio e due porte PS/2, insieme ad un tasto CMOS sul retro del pannello I/O. Non è presente il WiFi, ma è presente la predisposizione per l’installazione di schede su socket M.2 e-Key.
[voto=”8″]
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[titolo]Prezzo[/titolo]
La scheda, ovviamente, come già anticipato durante tutta la review, presenta un rapporto qualità/prezzo praticamente imbattibile, grazie al fatto che costa all’utente finale intorno ai 200 €, che per una scheda madre X299 è davvero incredibile. Certo, ci sono modelli concorrenti, ma difficilmente presentano tutte le features di cui dispone questa mainboard targata ASRock.
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Come al solito, vi invitiamo ad acquistare presso i rivenditori ufficiali ASRock, in quanto pur presentando un prezzo superiore ai VAT Player (coloro che evadono l’iva tramite meccanismi al limite della legalità), forniscono supporto post-vendita/RMA, cosa che suddetti rivenditori non ufficiali non garantiscono.
[voto=”10″]
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Con un rapporto qualità/prezzo sbalorditivo, la X299 Extreme4 di ASRock è una scheda davvero impressionante, con tante opzioni di espandibilità e il supporto a qualsiasi CPU per socket LGA2066 vogliate. Considerate però, che il risparmio si “paga” con delle limitazioni in overclock qualora sceglieste CPU di un certo livello, cosa però non proprio sensata visto che, in primis, state risparmiando sulla scheda madre, quindi probabilmente risparmierete anche sul processore abbinato. Detto questo, diamo alla scheda madre il nostro Hardware Gold Award insieme al Best Price Award per l’imbattibile rapporto qualità/prezzo:
Per oggi è tutto, ringraziamo ASRock per il sample oggi recensito.
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La recensione
ASRock X299 Extreme4
Con un prezzo di circa 200 €, la X299 Extreme4 di ASRock vuole presentarsi come la scelta ideale per coloro che vogliono costruire una macchina HEDT partendo da componenti dal forte rapporto qualità/prezzo, con la possibilità di effettuare upgrade in un secondo momento senza (troppe) limitazioni.
Pro
- Prezzo aggressivissimo
- Una scheda che fa tutto discretamente....
Contro
- ...ma niente di eccellente nello specifico
- Necessita di un case con un buon airflow per evitare throttle delle VRM
ASRock X299 Extreme4 Prezzi
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