ASRock e Ryzen–>
Dopo aver analizzato tre delle schede madri della serie X370 di ASRock, facciamo un piccolo passo indietro e vi parliamo di un prodotto decisamente più abbordabile e indirizzato ad un pubblico che vuole creare un sistema basato su processore Ryzen 5, creando un sistema potente ed economico.
Quella di oggi è una scheda madre equipaggiata con chipset B350, che si differenzia dall’X370 principalmente per l’impossibilità di creare sistemi multi-GPU su di essa. Rimane ovviamente presente il supporto a schede PCIe grazie al singolo slot 16x elettrico.
Ecco quindi la nostra recensione della ASRock Fatal1ty AB350 Gaming K4, cogliendo l’occasione per testarla sia con il Ryzen 7 1800X fornitoci da AMD stessa che con le due CPU Ryzen 5 1400 e 1600 gentilmente inviateci da ASRock. Buona lettura!
Specifiche tecniche: ASRock Fatal1ty AB350 Gaming K4–>
Di seguito le specifiche tecniche della scheda madre oggi recensita. Per ulteriori informazioni e per scaricare i driver più aggiornati, vi invitiamo ad andare sul sito ufficiale di ASRock:
La scheda come ovviamente lascia intendere il nome, e come abbiamo già anticipato in apertura, è basata sul chipset B350 di AMD, e appartiene alla lineup Fatal1ty, con la cui condivide lo schema cromatico nero/rosso e il supporto a determinate features esclusive di questa serie di mainboards.
Grazie al socket AM4, è garantito il supporto a tutte le CPU basate su di esso (Ryzen 5 e 7 al momento, con le APU Bristol Ridge/Raven Ridge e le CPU Ryzen 3 attese durante il 3° e 4° trimestre dell’anno), ed è lieto notare che il supporto alle memorie non vede nessuna “castrazione” rispetto alle controparti X370. C’è da dire, però, che la sezione di alimentazione è particolarmente più “contenuta” rispetto ai modelli basati sul chipset di punta, ma durante i test, effettuati come al solito su “banchetto”, anche col 1800X i dissipatori d’alluminio Super Alloy non sono diventati bollenti.
Nonostante poi il supporto a memorie fino a 3200 MHz, purtroppo visto che il kit utilizzato è dual rank, non siamo riusciti a raggiungere frequenze superiori a 2666 MHz.
Sono presenti a bordo ben 6 porte SATA 3, 8 porte USB tra headers e pannello posteriore, ed è anche presente, insieme ad un chip Realtek Ethernet Gigabit LAN, un chip audio Realtek ALC892, noto per essere utilizzato su vasta scala due generazioni di schede madri fa, una scelta volta a ridurre il costo finale per l’utente (ricordiamo, infatti, che la scheda costa meno di 120€); tale chip audio però si avvale del software SoundBlaster Cinema3 di Creative, garantendo un numero di effetti disponibili superiore e una miglior gestione delle risorse audio.
Per gli amanti dell’RGB, il dissipatore del chipset è circondato da alcuni LED RGB controllabili tramite il software ASRock AURA, e sono inoltre presenti due header RGB, di cui uno dedicato alla gestione di un eventuale dissipatore stock AMD Wraith dotato di illuminazione RGB.
Infine, nonostante si tratti di un chipset con meno linee PCIe a disposizione, sono presenti ben due slot M.2, uno di tipo Ultra a 32 Gbps ed uno di tipo standard con supporto a SSD M.2 con velocità SATA 6 Gbps.
Ryzen 7: uno sguardo all’architettura–>
Ben cinque anni sono passati dall’ultima architettura high end di AMD (Bulldozer), e un’analisi dell’architettura non può che essere intrisa di aspettative lunghe e dolorose, con reality check particolarmente bruschi nel corso degli ultimi lanci di AMD. Bulldozer, Steamroller, Piledriver e Excavator, come architetture, hanno fallito efficacemente nel ravvivare la speranza in una competizione di qualsiasi sorta con il colosso che Intel è diventato. Allo stesso tempo, il progetto APU Fusion incalzato da AMD prendeva batoste dopo batoste proprio per la mancanza di potenza grezza nel lato CPU di tali unità All-In-One di calcolo.
Nonostante l’enorme sfida che si è presentata davanti, AMD ha perseverato e ha avuto un momento di gioia durante l’ingegnerizzazione di una tecnologia di core che gli avrebbe fatto fare un enorme salto di qualità (e potenza), facendola tornare estremamente competitiva. Ecco oggi che non potrei essere più felice di parlarvi di quest’architettura che, a mio onesto e modesto avviso, è valsa la pena di questi lunghi ma tormentatissimi anni.
Con la prima bozza di progetto di Zen, circa quattro anni fa, AMD aveva impostato un obiettivo incredibilmente ambizioso per il proprio lavoro, ovvero aumentare le IPC (Instructions Per Clock, in soldoni la potenza grezza di un transistor) rispetto ad Excavator di circa il 40%. Potreste essere sconvolti da un numero del genere, ma considerando che Excavator era basata su Bulldozer, un’architettura vecchia di cinque anni al momento del lancio di Exc, un salto del 40% in cinque anni è più che plausibile (e fattibile) nel mondo dell’elettronica.
Ovviamente, un boost del 40% per Excavator, in proporzione a cosa Intel era ed è capace di scatenare com Broadwell (e BDW-E), Skylake e Kaby Lake avrebbe significato mettere i propri processori in diretta competizione con alcune delle migliori CPU sul mercato. Ciononostante, col passare del tempo, c’è stata la graduale consapevolezza che Zen potesse fare anche di più del traguardo prefissato. Il risultato finale, infatti, è un aumento di IPC di ben il 52% rispetto ad Excavator (e a dirla tutta, quest’aumento è basato su SYSMark, benchmark teorico non proprio perfetto. L’aumento effettivo di IPC è più vicino al 60%), abbastanza per superare alcune CPU del team Blu e per instillare nella mente di Intel il dubbio su come procedere per le prossime generazioni di Core i.
Prima ancora del lancio, c’è stata un po’ di confusione nello schema dei nomi dei nuovi processori AMD, quando in realtà è tutto abbastanza semplice. Ryzen è il nome della famiglia di processori che fanno affidamento all’architettura Zen. Il 7 sta a indicare il segmento, con (per il momento) Ryzen 7 a configurarsi come proposta high end dell’azienda, con CPU 8C/16T; altre CPU appartenenti a Ryzen 5 (rilasciate pochi giorni fa) presenteranno varianti a 4C8T e 6C12T a prezzi ancor più competitivi.
Continuando con l’esempio del 1700X, con 1xxx a rappresentare la generazione e il 7 a rappresentare il livelllo di prestazioni, AMD al lancio ha presentato tre CPU serie 1700 e 1800 con “tier” inferiori lanciate pochi giorni fa e tier ancora inferiori (ed economiche) in attesa durante il corso del 2017. Il doppio zero alla fine viene usato come spazio addizionale nel caso ci siano lanci di versioni più veloci nel futuro prossimo.
L’ultima lettera (o la mancanza di essa) in quest’equazione è forse la più importante. Una “X” significa che il processore utilizza la massima implementazione dell’XFR (eXtended Frequency Range) di AMD, mentre la mancanza di una lettera denota un processore desktop per così dire “standard”. Ma non finisce qui: “G” significa che il processore ha una GPU integrata, mentre “T” e “S” sono riservati per per processori desktop a basso consumo con e senza una GPU. Infine, una “H”, una “U” e una “M” indicheranno CPU rispettivamente ad alte prestazioni, standard e voltaggi ridotti per portatili.
Detto questo, diamo un’occhiata alle CPU che AMD ha lanciato con la lineup di Ryzen. Ovviamente, ci sono dei tratti in comune tra di essi: la serie Ryzen 7 di punta consiste di CPU con 8 core e 16 threads (sì, AMD ha finalmente implementato il simultaneous multithreading), con una cache L2 di 4MB e una di L3 da 16 MB, col supporto a memorie DDR4 da 2400 MHz. Fate bene attenzione alla pagina dedicata all’analisi delle memorie per un’introspezione dettagliata sul fronte delle RAM.
La differenza principale tra questi tre processori è ovviamente la frequenza, dove il 1800X arriva a 4 GHz di boost (e 4.1 GHz in condizioni particolari di carico e di temperature) con una frequenza base di 3.6 GHz, con un TDP di soli 95 W. Paragonandolo con il mostro di Intel da 1100€ e 140 W, il Core i7 6900K, non è difficile intuire che ci troviamo di fronte al processore 8C16T in questa fascia di potenza più economico e più power-efficient.
Il Ryzen 7 1700X è, a conti fatti, un processore uguale al 1800X, se non per le frequenze, leggermente inferiori, ed il prezzo, inferiore di circa 100€. C’è, in realtà, il fattore implicito che il “fratello maggiore” presenti un binning migliore, portando con sé capacità di overclock superiori, appunto, al 1700X.
Chiude il cerchio del lancio di Ryzen 7 il 1700, con un clock base di gran lunga inferiore ai modelli di fascia superiore, ma con un TDP microscopico di soli 65W (per un processore 8C16T, ricordatelo). Con esso, l’XFR avrà un impatto di soli 50 MHz invece che 100 come sulla serie X, ma il prezzo di soli 379€ (che purtroppo risente del cambio EUR/USD, visto che negli Stati Uniti il Ryzen 7 1700 costa meno del 7700K, situazione purtroppo inversa qui in Europa) dovrebbe sopperire alle frequenze operative inferiori.
Gli sforzi nel marketing di AMD si sono focalizzati sulla discussione prezzo/prestazioni vs le offerte simili di Intel. È più che evidente che Intel non ha fatto altro che trarre vantaggio e speculare dalla sua posizione di comando nel mercato di CPU x86 per tenere i prezzi delle CPU alti e, al contempo, rilasciare soluzioni poco differenti tra loro generazione dopo generazione. Un esempio lampante è il pricing dell’i7 6900K (identico al 5960X al momento del lancio, e di pochissimo più veloce) di ben 1100€ e di quello dell’i7 6950X, che nel nostro paese costa quasi 2000€. AMD, d’altro canto, ha lanciato la serie Ryzen con dei prezzi in grado di destabilizzare completamente il mercato.
Destabilizzante è un gran bel termine, ma mentre per alcuni i prezzi di Ryzen potrebbero sembrare bassi (anche grazie al fatto che Intel negli ultimi anni ha fatto il bello e il cattivo tempo in fatto di prezzi nella fascia Enthusiast), ricordiamoci che la serie Ryzen 7 è l’offerta più costosa di cui dispone l’azienda al momento. Che vi piaccia o meno, però, 549€ per un processore sono ancora TROPPI soldi. Per questo, è probabile che il R7 1700 rappresenterà a lungo il cosiddetto “sweet spot” delle CPU di AMD.
Per quelli abituati all’approccio di AMD sul fronte aggiornamenti, purtroppo, abbiamo una brutta notizia: non sarà possibile mantenere stessa scheda madre e RAM per utilizzare le CPU Ryzen, e sarà necessario l’acquisto di una scheda madre dotata di socket AM4 (PGA 1331) e di memorie DDR4. Al momento, troviamo solo le CPU Ryzen “Summit Ridge” compatibili con tale piattaforma, ma nei mesi a venire anche le APU Raven Ridge (con core Zen e parte grafica basata su architettura Vega) condivideranno le stesse fondamenta basate su AM4. Infatti, molte schede madri già in commercio hanno uscite video in modo da essere compatibili anche con le prossime APU. Ciò sembra essere un passo nella giusta direzione, lontana dalla biforcazione AM3+/FM2 utilizzata negli anni scorsi.
Uno dei problemi, infine, che affliggeva Ryzen 7 al lancio era forse tra i più stupidi: la disponibilità. L’incredibile feedback positivo delle prime review (nonostante qualche difetto qua e là) aveva causato un totale sold-out di tali CPU, ma in questo momento tale situazione sembra essere risolta.
Ryzen: SenseMI, XFR e tanto altro!–>
Al di là dell’antiquato processo produttivo utilizzato per la loro produzione, la precedente generazione di CPU AMD non ha ricevuto nessun beneficio dai progressi tecnologici implementati nelle successive generazioni di APU. Ricordate, l’allora top di gamma FX-9590 usava una microarchitettura Piledriver vecchia un lustro. Intanto, sia Steamroller che Excavator sono stati lanciati senza alcuna controparte nella serie FX.
Come potete ben immaginare, ciò ha portato Zen ad incorporare un innumerevole quantità di miglioramenti sul fronte dell’efficienza elettrica. O, rifrasando, AMD non cerca di ridurre al minimo i consumi e basta: l’azienda cerca in realtà di ottenere le massime prestazioni mentre minimizza i consumi.
Per ottenere tali obiettivi, le sopracitate tecnologie di clock gating (riduzione del clock a seconda del carico e delle temperature) e adaptive power sono state combinate in tre nomenclature che fanno tutte fede alla tecnologia SenseMI: Pure Power, Precision Boost e XFR.
Proprio come le vecchie iniziative come AMD PowerTune e Enduro, Pure Power monitora le operazioni dei core in tempo reale con centinaia di sensori che rilevano temperature, frequenze e voltaggi. Esso poi ottimizza la reattività del silicio per incrementare l’efficienza in qualsiasi P-State e al contempo permettendo al chip di tornare in idle a velocità di gran lunga superiori.
Mentre l’algoritmo di Pure Power gestisce e monitora adattivamente le varie funzioni dei core, esso lavora fianco a fianco con il Precision Boost per massimizzare le frequenze operative. La parte “Precision” dell’equazione è dovuta all’abilità dell’algoritmo di Boost di ottenere fine-tuning di 25 MHz alla volta, in modo da spremere fino all’ultima goccia le prestazioni della CPU. In aggiunta, ogni core può essere overclockato (o messo a riposo) individualmente a seconda della situazione.
Questi minuti incrementi da 25 MHz lavorano in parallelo con i sopracitati sensori che estraggono dati da ogni core ogni millisecondo. Anche il voltaggio può essere aggiustato al volo in step da 0.6 mV per una granularità ancora superiore. Il risultato finale è un design della CPU che può rispondere in modo estremamente rapido a cambi di carico e le cui frequenze lavorano come quelle di una moderna GPU. Si nota infatti come AMD stia traendo spunto dalle proprie architetture GPU per creare CPU sempre più efficienti.
Arrivati a questo punto dovrebbe essere ovvio che ogni CPU basata su Zen presenterà un range di frequenze che va dal Base Clock al Precision Boost Clock. Tuttavia, AMD non si è fermata qui e ha implementato qualcosa come un’ode agli utenti enthusiast con l’XFR. Il cosiddetto eXtended Frequency Range aumenta così le frequenze in base alla temperatura dei core e quindi premierà soluzioni di raffreddamento superiori tramite l’aumento della frequenza di un singolo core al di sopra del limite massimo del Precision Boost. Questa, è una distinzione molto importante: l’XFR è pensato per workload a singolo thread.
L’XFR è incluso su tutte le CPU Ryzen, ma in maniera diversa. I processori con la “X” avranno un XFR di 100 MHz, mentre tutte le CPU non-X avranno un XFR che aumenterà la frequenza di 50 MHz sotto le giuste condizioni.
Ryzen: addio AM3, benvenuto AM4!–>
La piattaforma di punta di AMD 990FX ha occupato il mercato per la bellezza di sei anni, ma il fatto che sia riuscita a rimanere così tanto tempo in gioco lascia intendere quanto fosse lungimirante già nel 2011. Aveva tantissime linee PCIe (per il tempo) così da rendere l’aggiunta di controller di terze parti semplice, un vasto supporto a RAM di svariate frequenze e un prezzo particolarmente vantaggioso. Ovviamente, alcune revisioni minori come l’aggiornamento a PCIe 3.0 son state aggiunte nel corso del tempo, ma bene o male l’intero ecosistema 990FX ha superato la prova del tempo.
Con Ryzen, arriva un nuovo socket AM4 insieme ad una lineup di chipset aggiornata con delle soluzioni davvero interessanti. Più importante, questi nuovi processori prendono spunto dalle APU dell’azienda, e integrano gran parte delle funzionalità I/O direttamente sul die, agendo quasi da SoC (System-On-Chip).
Anche se non continuerete a leggere oltre, ricordate questa piccola informazione: la piattaforma AM4 è studiata per servire da base sia alle CPU Ryzen che alle prossime APU Raven Ridge. per questo, molte schede madri compatibili integreranno output video nel loro design. AMD inoltre si aspetta che questa piattaforma in particolare venga utilizzata fino al 2020, posto che le tecnologie di prossima generazione come PCIe 4.0 e DDR5 non necessitino un cambio fisico di pin dei processori stessi.
Ogni processore Ryzen 7 dispone di 16 linee PCIe native dedicate al comparto grafico. Su una scheda madre X370 di fascia superiore possono essere configurate sia in una soluzione a singola scheda video con 16x linee dedicate o con una ripartizione su due GPU con 8x linee ciascuna. Questo approccio è esattamente lo stesso utilizzato da Intel sulla piattaforma mainstream serie Z, ma può anche essere considerato come un passo indietro rispetto al 990FX che aveva la capacità di tenere due schede video con 16x linee dedicate sciascuna, al pari della serie Enthusiast Intel serie X.
Questo layout di linee PCIe è in realtà un po’ strano, considerando che AMD ha sempre evidenziato il fatto che venga mantenuto il supporto a 3 o più schede video. NVIDIA nel frattempo si è allontanata dai setup a 3 e 4 schede, decidendo di concentrarsi invece sul supporto di configurazioni a singola e doppia GPU. Alcuni partners potrebbero lanciare schede madri più avanzate con moltiplicatori e bridge PLX ma potrebbe volerci un po’ di tempo.
Ci sono tantissime altre funzionalità qui: AMD ha incluso infatti 4 addizionali linee PCIe esclusivamente dedicate per drive NVMe ad alta velocità o soluzioni di storage SATA e garantendo che essi comunichino direttamente col processore tramite un bus dedicato. Quattro porte USB 3.1 Gen1 (le USB 3.0, insomma) sono inoltre incluse e ciò saranno essenziali nelle schede basate su chipset X300, ma ve ne parleremo nello specifico qualche riga più giù.
Mentre nel processore è presente abbastanza connettività per il fabbisogno minimo, il chipset X370 è il vero e proprio parco giochi quando si parla di questa piattaforma in particolare. Esso è connesso al processore o all’APU tramite un quartetto di linee PCIe per una comunicazione veloce, e include 8 linee PCIe per scopi generici e 2 porte USB 3.1 Gen2 native, insieme a 6 porte USB 3.1 Gen1 e 6 porte USB 2.0. Il supporto a porte USB 3.1 Gen2 nativo è un elemento chiave in quanto non è necessario così aggiungere controller di terze parti, mantenendo quindi i costi ridotti.
Sul fronte delle memorie di massa, c’è un paio di porte SATA Express che è possibile “convertire” in 4 porte SATA 3 standard se il produttore non vuole utilizzare uno standard che, di fatto, è nato morto. Infine, AMD ha aggiunto anche 4 porte SATA 3 native.
Sebbene gran parte di questa pagina sia stata dedicata al chipset di fascia alta X370, ci saranno anche altre opzioni per schede madri che andranno a posizionarsi tutte al di sotto, per features e fascia di prezzo. Ad esempio, il chipset B350 offre funzionalità simili se paragonato all’X370, offrendo comunque il supporto all’overclock. Ciò che viene persa è una parte delle porte SATA e di quelle USB 3.1 Gen1, insieme alla possibilità di partizionare le linee PCIe, rendendo obbligatorio l’utilizzo di una sola GPU.
Il chipset A320 è orientato agli utenti che vogliono creare un sistema budget, e la ragione è semplice: il chipset infatti riceve un enorme taglio sul fronte della connettività, ed è facile aspettarselo da un chipset indirizzato ai mercati emergenti.
A mio avviso l’aggiunta più interessante a questa lineup proviene dal fondo del grafico, dove sono presenti i due “chipset” dedicati alle schede Small Form Factor. Questa è la prima volta in cui vengono dedicati chipset appositamente per piattaforme mATX e ITX e le modalità tramite le quali AMD ha raggiunto tale scopo sono particolarmente interessanti. Visto che le CPU Ryzen 3, 5 e 7 presentano tutte funzionalità I/O base al loro interno (porte USB 3.1 Gen1 e 4 linee PCIe dedicate alla bandwidth per il reparto storage) e che i sistemi mini ITX di solito non richiedono molte unità di storage, AMD ha deciso di revisionare il design dei suoi “chipset”.
Questa revisione è estrema, in realtà, ed è la spiegazione per cui ho scritto “chipset” e non chipset finora, quando parlavo di X300 e A300: su queste schede madri il chipset è totalmente assente, e le 4 linee PCIe di solito utilizzate per comunicare con esso vengono indirizzate direttamente a controller di terze parti per connettività aggiunta. Qui è dove entra in gioco anche il nuovo codec di Realtek ALC1220, che troviamo anche su schede madri Z270, capace di fornire un’esperienza sonora di tutto rispetto in una soluzione dallo spazio ridotto come può essere un sistema ITX.
Ryzen: memorie DDR4, il tallone d’Achille di Zen?–>
Negli oscuri tempi in cui ogni modulo RAM aveva un PCB verde e nessun dissipatore, potreste aver notato che sulle etichette di quei moduli c’erano informazioni extra del tipo “1Rx8, 2Rx8, 1Rx4” e via discorrendo. Tale informazone è nel tempo scomparsa dai kit orientati ai consumatori (e non al lato server) grazie a memory controller di qualità superiore che supportavano un range supoeriore di configurazioni RAM. Purtroppo, con Ryzen, quelli che vorranno utilizzare 4 moduli di memoria dovranno “fare i compiti”.
Ciò è spiegabile facilmente grazie a questa tabella:
Channels | Rank memorie | Numero di moduli | Frequenza |
Dual | Dual | 4 | 1866 MHz |
Dual | Single | 4 | 2133 MHz |
Dual | Dual | 2 | 2400 MHz |
Dual | Single | 2 | 2666 MHz |
Il punto chiave qui è il RANK, che è un modo semplice di indicare quanti chip di memoria sono raggruppati insieme per formare un’interfaccia da 64 bit su un modulo di memoria. Raggiungere un bus da 64 bit è importante perché i moderni processori mainstream hanno due (o quattro, nel caso della piattaforma X79 e X99) bus di memoria da 64 bit, meglio noti anche come dual channels, un canale per ogni gruppo di due slot.
Al momento, la configurazione rank più comune è formata da 8 chip di memoria (ognuno connesso tramite 8 bit) collegati insieme in un rank, e tipicamente (ma non sempre) posizionati su un solo sato del PCB di un modulo. Ma cosa fare se serve creare moduli dalla capacità superiore quando si hanno solo chip di memoria a 8 bit? Bisogna separare i chip di memoria in due gruppi/rank, ognuno dei quali è largo 64 bit e che richiede un accesso asincrono (ovvero, non si può accedere contemporaneamente a tutti i ranks). In questo modo, avete creato un modulo di memoria dual rank.
Per i consumers, il rank è un termine che crea a volte confusione, specialmente quando un modulo è etichettato come 1Rx8 o 2Rx8. Il numero prima di R indica il numero di rank – single, dual o addirittura quad – e il numero dopo la x indica l’ampiezza del bus che collega ogni chip, che può essere x4, x8 o x16. Per i nostri scopi, possiamo tranquillamente escludere sia i quad rank che l’ampiezza x4 visto che sono elementi che troviamo solo su memorie registered ECC indirizzate ad ambienti server o workstation. Inoltre, possiamo anche escludere i chip x16, visto che è praticamente impossibile trovare produttori noti che li utilizzino.
Quindi essenzialmente, un modulo di memoria con un’etichetta riportante 1Rx8 ha un single rank e usa 8 chip di memoria x8, laddove uno con 2Rx8 sull’etichetta è dual rank e usa comunque chip di memoria da 8 bit. Lo svantaggio di utilizzare moduli dal rank superiore è che le CPU moderne hanno memory controllers che possono gestire un numero massimo di rank.
Aumentare il numero di rank che necessitano di essere gestiti aumenta di conseguenza il carico sul memory controller e di conseguenza diminuisce la frequenza a cui riesce a gestirle… e questo è quel che vediamo nella tabella qui sopra. Chiaramente, Ryzen ha un memory controller più debole rispetto a quello che troviamo nei processori Intel Kaby Lake. Come paragone, tali CPU Intel supportano nativamente quattro moduli dual rank ad una frequenza DDR4-2400, e visto che Intel è estremamente conservativa sul fronte delle memorie, può in realtà gestire tali moduli a velocità fino a 3600 MHz. Forse anche AMD vuole avere un approccio conservativo, ma stando a quanto riportato nell’ultimo mese, c’è una vera e propria silicon lottery riguardo ai memory controller di Ryzen 7, con la maggior parte dei processori che ha difficoltà a gestire kit dual rank con frequenze superiori a 2400 / 2666 MHz.
Come si evitano kit di memorie dual rank? Be, innanzitutto, molti produttori di memorie sta lanciando kit specifici per AMD. Tuttavia, ci sono anche altri modi per determinare se abbiamo memorie single rank o dual rank, e tale informazione è accessibile a chiunque abbia memorie DDR4.
Una cosa che si può fare è aprire AIDA64, espandere la sezione “Scheda Madre” e cliccare su SPD:
Come vedete, il nostro kit (da notare, lo screenshot è stato catturato su piattaforma X99, per questo trovate 4 canali, A1 – B1 – C1 – D1) presenta moduli dual rank da 8 GB, e infatti, nei nostri test, non siamo riusciti ad andare oltre i 2666 MHz, visto che abbiamo utilizzato due moduli da 8 GB in configurazione dual rank/dual channel.
Un altro modo è semplicemente interpretare i ranks come “sides”. Sebbene i due termini non siano collegati da un punto di vista teorico, in realtà essi quasi coincidono. Dando un’occhiata a questa memory support list (.PDF) di una qualsiasi scheda madre Gigabyte Z270, potete notare che la quasi totalità di kit single rank è anche single side. Ci sono ovviamente eccezioni, ma sono rare e perlopiù trovate in kit OEM, insomma, nei kit col PCB verde venduti a pochi soldi.
Dal punto di vista del consumatore, non c’è motivo di acquistare moduli dual rank, a meno che non si necessiti di moduli da 16GB; in tal caso, non avrete altre opzioni. Qualcuno potrebbe dire che qualche volta i moduli dual rank sono in qualche modo più veloci (bandwidth leggermente superiore grazie ad interconnessioni migliori, al prezzo di latenze superiori), ma il fatto che essi siano più difficili da trovare e che possano fare da collo di bottiglia in OC li rende un’opzione poco attraente.
Ciò lascia purtroppo chi compra Ryzen nella sfortunata situazione di dover andare “a tentativi” durante l’assemblaggio del proprio sistema. Per andare sul sicuro, vi consigliamo kit da 16GB dual channel fino ad un massimo di 2666 MHz o da 32 GB dual channel che non eccedano una frequenza di 2400 MHz. Memorie a velocità superiori possono (e lo faranno) causare problemi di boot.
Galleria fotografica: ASRock Fatal1ty AB350 Gaming K4–>
Ecco una serie di immagini che ritraggono la ASRock Fatal1ty AB350 Gaming K4:
Configurazione di sistema e metodologia di test–>
La configurazione utilizzata per i test è la seguente:
CPU |
|
---|---|
Heatsink | Be Quiet! Silent Loop 240 mm |
Mainboard | ASRock Fatal1ty AB350 Gaming K4 |
RAM | Corsair Vengeance LPX DDR4 3000 MHz 16 GB |
VGA | MSI Radeon RX 470 Gaming 4G |
Sound Card | Creative SoundBlaster E5 DAC & AMP |
HDD/SSD | Patriot Hellfire 240 GB M.2 NVMe SSD |
PSU | Corsair AX1500i Digital PSU |
Case | Be Quiet! Dark Base Pro 900 |
Monitor | Acer CB280HK 4K Display |
Keyboard | Corsair Gaming STRAFE RGB Cherry MX Silent |
Mouse | Razer Naga Hex V2 |
OS | Windows 10 Pro x64 Creators Update |
Benchmark sintetici:
- SuperPI 1.5 mod XS 1M e 32M
- WPrime 1.55 32M e 1024M
- Cinebench R11.5
- Cinebench R15
- AIDA64 Photoworxx
- AIDA64 ZLib
- AIDA64 AES
- AIDA64 Hash
- AIDA64 VP8
- AIDA64 SinJulia
Benchmark grafici:
- Ashes of the Singularity, preset Crazy, 1080p, benchmark CPU Focused (DX12)
- GTA V, impostazioni di qualità massime, 1080p (DX11)
- 3DMark Fire Strike (DX11)
- 3DMark Time Spy (DX12)
Benchmark sintetici: AIDA64–>
AIDA64 è uno strumento di analisi, diagnostica e benchmarking per sistemi Windows (e più recentemente, Android), che dispone di una vastissima suite di benchmark e che è diventato, nel tempo, un software di riferimento tra utenti e professionisti per il moitoraggio e il confronto di tutto l’hardware all’interno del proprio PC.
CPU Photoworxx
Questo benchmark esegue diverse operazioni comuni utilizzate durante il fotoritocco. Per la precisione, esegue un numero di operazioni di modifica su un’immagine RGB molto larga.
Questo benchmark stressa le unità SIMD della CPU e il sottosistema delle RAM. CPU Photoworks usa laddove presenti le librerie di istruzioni x87, MMX, MMX+, 3DNow!, 3DNow!+, SSE, SSE2, SSE3, SSE4.1, SSE4A, AVX, AVX2 e XOP e trae beneficio di NUMA, HyperThreading, sistemi multiprocessore e multicore.
CPU ZLib Benchmark
Questo benchmark integer misura le prestazioni combinate di CPU e memorie tramite la libreria di compressione open source ZLib. Il test CPU ZLib utilizza solo le istruzioni base x86 ma ciononostante è un buon indicatore delle prestazioni generali del sistema.
CPU AES Benchmark
Questo benchmark misura le prestazioni della CPU utilizzando la crittografia dati AES (Advanced Encryption Standard). In crittografia, AES è uno standard di crittaggio a chiave simmetrica, ed è utilizzato in svarati strumenti di compressione come 7-zip, WinRAR, WinZIP e anche in soluzioni di encrypting come BitLocker (Windows), FileVault (Mac OSX) e TrueCrypt (open source). Il test AES Benchmark usa le appropriate istruzioni x86, MMX e SSE 4.1, ed è accelerato a livello hardware su processori abilitati tramite il set di istruzioni AES-NI. Questo test rileva e sfrutta HyperThreading, sistemi multiprocessore e multicore.
CPU Hash Benchmark
Questo benchmark misura le prestazioni CPU utilizzando l’algoritmo di hashing SHA1 definito nella FIPSPS 180-3. Il codice dietro questo benchmark è compilato in Assembly, e più importante, utilizza librerie di istruzioni MMX, MMX+, SSE, SSE2, SSSE3 e AVX, con prestazioni superiori su processori che supportano tali instruction sets.e on supporting processors.
FPU VP8 / SinJulia Benchmarks
Il benchmark di AIDA FPU VP8 misura le prestazioni di compressione video utilizzando il codec di Google VP8 (utilizzato per i file WebM) aggiornato alla versione 0.9.5 e stressa l’FPU (Floating Point Unit) della CPU. Il test codifica fotogrammi video dalla risoluzione di 1280×720 in 1 pass ad un bitrate di 8 Mbps con impostazioni di qualità massima. Il contenuto dei fotogrammi viene poi generato dal modulo FPU Julia. Il codice che gestisce questo benchmark utilizza librerie MMX, SSE2 e SSSE3. SinJulia, invece, misura le prestazioni in floating point a precisione estesa (conosciuta anche come 80-bit) tramite il calcolo di un singolo fotogrammi di un frattale “Julia” modificato. Il codice di questo benchmark è scritto in Assembly, e utilizza istruzioni trigonometriche ed esponenziali x87.
Benchmark sintetici 2D: SuperPI e WPrime–>
SuperPI
Un metodo tradizionale per verificare le prestazioni del proprio PC è utilizzare SuperPI mod 1.5 XS: il programma si occupa di calcolare dalle 16k ai 32M di cifre dopo la virgola del π, con una scalabilità clock per clock davvero sorprendente per un programma creato nel 1995. Il programma calcola l’efficienza single-threaded piuttosto che quella multithreaded:
WPrime
Insieme al calcolo delle cifre dopo la virgola del π, un altro metodo valido per verificare le performance del proprio PC è utilizzare WPrime, da noi usato nella versione 1.55 (la stessa valida per i benchmark di HWBot), che consente di trovare dai 32M ai 1024M di numeri primi. Il programma scala enormemente in presenza di CPU multi-core, rappresentando un valido benchmark per il calcolo dell’efficienza multithreaded:
Benchmark sintetici: Cinebench R11.5 e Cinebench R15–>
Cinebench R11.5 e R15
Come da tradizione (e in questo caso particolare, utilizzarli è obbligatorio, come vedrete), fanno capolino tra i benchmark con cui testiamo le prestazioni di un sistema anche le ultime due release di Cinebench, rispettivamente la R11.5 e la R15. Entrambi i test utilizzano un approccio simile di testing: i benchmark utilizzano svariati algoritmi per stressare tutti i core disponibili per renderizzare una scena 3D fotorealistica nel minor tempo possibile. In particolare, con il benchmark nella versione R15, la scena del test contiene approssimativamente 2000 oggetti contenenti più di 300’000 poligoni totali, e usa riflessi sia definiti che sfocati, ombre e luci a zona, shaders procedurali, antialiasing e tanto altro ancora. Questo benchmark può effettuare misurazioni fino ad un massimo di 64 threads, con il risultato che viene fornito in punti (Points): ovviamente, più punti totalizzate, più potente sarà il vostro sistema:
Benchmark 3D: 3DMark, GTA V, Ashes of the Singularity–>
3DMark Fire Strike e Time Spy
In concomitanza con il lancio di Windows 8, Futuremark ha lanciato il nuovo 3DMark, chiamato appunto 3DMark, senza alcun numero riconoscitivo, a segnare la forte integrazione che ha con qualsiasi sistema, da Android a Windows a iOS a OSX, dando per la prima volta la possibilità di paragonare le prestazioni su smartphone e PC fisso in maniera schematizzata e professionale. Il benchmark dispone di svariati test, di cui utilizziamo i più intensivi per mettere alla prova le schede video.
Tra questi, il più impegnativo è il Fire Strike, che spinge la tessellazione a livelli davvero elevati, e che “vanta” due versioni ancora più spinte: Extreme (con scene pre-renderizzate a 2560×1440) ed Ultra (scene pre-renderizzate a 3840×2160, ovvero 4K). Purtroppo, a nostra disposizione
Recentemente, invece, è stato introdotto il benchmark Time Spy, che testa le prestazioni delle GPU sfruttando le nuove API Microsoft DirectX 12, con scene pre-renderizzate a 2560×1440:
Ashes of the Singularity
Ashes of the Singularity è quello che Stardock (la software house creatrice del gioco) definisce come un gioco strategico di warfare planetario, e con le sue mappe enormi e le migliaia di unità a schermo durante i combattimenti full-scale, non si può far altro che dare ragione all’azienda.
Ciò che viene spesso associato ad Ashes è l’incredibile onere che applica ai sistemi grafici (e non solo, il gioco è famelico di core e GHz), tramite l’utilizzo di DirectX 11 e 12. Il preset Crazy è in grado di mettere in ginocchio qualsiasi GPU in commercio già alla risoluzione Full HD. Il gioco si avvale del supporto alle tecnologie AMD, prendendo spunto dal motore grafico Nitrous utilizzato in uno dei primi benchmark per Mantle, Star Swarm:
Grand Theft Auto V
Grand Theft Auto. Una saga che affonda le sue radici nel sangue e nella violenza in visuale dall’alto e 2 dimensioni, e che nell’ultima iterazione, attesa per ben 8 lunghissimi anni dagli utenti PC. Nel 2015, dopo ben 8 anni di attesa (per gli utenti PC), GTA V ha visto la luce sugli schermi dei computer di tutti i videogiocatori, distruggendo record su record in vendite e profitti.
Un approccio totalmente diverso, quello per la storia: tre personaggi controllabili, ognuno più folle dell’altro, tra mafia, sparatorie, esplosioni e rapine spettacolari. Il gioco è ottimizzato per schede video NVIDIA, presentando il supporto a tutti i GameWorks dell’azienda eccezion fatta per gli Hairworks. Ad alte risoluzioni, il gioco è un vero e proprio campo di battaglia dove testare le schede video più potenti. Altro dettaglio importante, che ci ha fatto scegliere GTA V come bench nel roster di benchmark che utilizziamo, è la gravosità che il titolo di Rockstar ha sui processori, risultando particolarmente “agile” su configurazioni fino a 8 core, scalando il carico in modo efficiente su tutti i thread presenti:
Considerazioni finali–>
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[titolo]Design e qualità costruttiva[/titolo]
Possiamo utilizzare due punti di vista, per questa scheda madre (e in generale, per tutti i prodotti che costano poco): se paragoniamo la AB350 Gaming K4 alle mainboard dotate di chipset X370, vedremo come qualsiasi scheda presenta una sezione di alimentazione migliore ed un layout più “pieno”, con più features ed un look più accattivante. Se però prendiamo la AB350 Gaming K4 e la paragoniamo con modelli nella stessa fascia di prezzo e dotate dello stesso chipset, allora il discorso cambia notevolmente: la scheda di ASRock, infatti, presenta un design particolarmente aggressivo (su altre schede madri AB350 c’è il maledettissimo PCB marrone, mentre qui abbiamo un PCB nero opaco) ed un rapporto qualità prezzo di non poco conto.
[voto=”8″]
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[titolo]Performance e overclock[/titolo]
Grazie ad ASRock e AMD, abbiamo avuto modo di provare la AB350 Gaming K4 con il Ryzen 7 1800X, il Ryzen 5 1600 e il Ryzen 5 1400, ottenendo tra l’altro ottimi risultati: la scheda, infatti, in quasi tutti i bench e a parità di CPU, ha riportato valori comparabili a soluzioni ben più costose; c’è da dire, però, che l’abbinamento perfetto è proprio con i Ryzen 5, che presentano un rapporto prezzo/prestazioni decisamente superiore a quello dei Ryzen 7, processori volti più alle performance che all’economicità. Sebbene non abbiamo fatto test in overclock (siamo già in ritardo con questa recensione, sorry for the late Peter!), la scheda ha gestito bene il 1800X, processore più avido di corrente dei tre, e quindi è lecito aspettarsi, CPU permettendo, ottimi risultati in overclock, vista la sezione di alimentazione che, sebbene modesta, è capace di un’elevata efficienza.
In dettaglio, il processore Ryzen 5 1600 (6 Core 12 Thread, base clock 3.2 GHz, turbo boost 3.6 GHz) si è comportato benissimo nei benchmark, con pochissima distanza dal 1800X, processore che però costa il 250% in più. Il Ryzen 5 1400 (4 Core 8 Thread, base clock 3.2 GHz, turbo boost 3.4 GHz), invece, ha peccato di poca velocità nei nostri benchmark, cosa pienamente risolvibile con un po’ di overclock o acquistando, qualora non ve la sentiste di correre alcun rischio derivante dal tenere il processore fuori specifiche, il 1500X, leggermente più costoso ma con una frequenza base 10% più alta.
Tornando alla AB350 oggi analizzata, si tratta di un’ottima scheda con tante features e un prezzo contenuto.
[voto=”8″]
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[titolo]Compatibilità e connettività[/titolo]
La scheda madre è ovviamente compatibile con tutte le CPU Ryzen e Summit Ridge (CPU e APU), con il supporto nativo a Ryzen 3 e 5 anche senza aggiornamento BIOS (visto che questi ultimi sono Ryzen 7 con core disattivati). Lato RAM, vediamo il supporto a fino a 64 GB di RAM su 4 slot, con una frequenza massima di 3200 MHz (limiti massimi non raggiungibili insieme).
Lato storage, 6 porte SATA 3.0 e 2 porte M.2, una delle quali con velocità di 32 Gbps, rendono le possibilità di installazione pressoché illimitate; la scheda inoltre presenta due header per strisce LED RGB (di cui uno per la gestione dei dissipatori AMD Wraith Spire o Max) e un header USB 3.0.
[voto=”8″]
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[conclusione]
[titolo]Prezzo[/titolo]
Il prezzo della scheda madre è irrisorio, con la ASRock Fatal1ty AB350 Gaming K4 che presenta un costo di soli 120 € (potete acquistare la scheda madre QUI su Amazon tramite il nostro referral), più che abbordabile e che ben si sposa con l’acquisto di un processore Ryzen 5, in modo da mantenere il costo totale del sistema più basso possibile.
Come al solito, vi invitiamo ad acquistare presso i rivenditori ufficiali ASRock, in quanto pur presentando un prezzo superiore ai VAT Player (coloro che evadono l’iva tramite meccanismi al limite della legalità), forniscono supporto post-vendita/RMA, cosa che suddetti rivenditori non ufficiali non garantiscono.
[voto=”10″]
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In conclusione, la ASRock Fatal1ty AB350 Gaming K4 è una scheda madre piena di features e che ben si presta a un po’ di overclock, mantenendo un prezzo umano e supportando anche il più veloce dei processori Ryzen in completa agilità. Per questo, diamo ad essa il nostro Hardware Gold Award insieme al nostro Best Price Award:
Per oggi è veramente tutto, ringraziamo ASRock per il sample oggi recensito.
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La recensione
ASRock Fatal1ty AB350 Gaming K4 e Ryzen 5
La ASRock AB350 Gaming K4 è una scheda piena di features, che si presta anche all'overclock e che presenta un prezzo contenuto.
Pro
- Prezzo contenutissimo
- Gestisce al meglio anche CPU veloci come il Ryzen 7 1800X
- PCB nero nonostante il segmento entry-level
Contro
- Dissipatori fasi non avvitati ma con clip in plastica
ASRock Fatal1ty AB350 Gaming K4 e Ryzen 5 Prezzi
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