ASRock e Threadripper–>
Come vi abbiamo detto nel nostro esaustivo e completo articolo su Threadripper (che potete leggere QUI), sono state introdotti una nuova piattaforma ed un nuovo socket, il socket sTR4, dando carta bianca ai produttori di schede madri per creare prodotti validi e all’altezza di processori che, a conti fatti, non sono affatto economiche. Ed è qui che entra, ovviamente, in scena ASRock.
L’azienda Taiwanese è nota per l’audacità dei suoi prodotti, come le tante schede madri ITX (anche su X99 e X299) che molti competitor non hanno avuto il coraggio di realizzare e lanciare sul mercato.
Oggi, andiamo a testare una delle due schede madri dedicate a questa nuova piattaforma HEDT, in particolare, il modello più accessoriato e costoso, la Fatal1ty X399 Professional Gaming.
Senza ulteriori indugi, vi lascio alla recensione completa, proseguite nella lettura!
Specifiche tecniche: ASRock Fatal1ty X399 Professional Gaming–>
Di seguito le specifiche tecniche della scheda madre oggi recensita. Per ulteriori informazioni e per scaricare i driver più aggiornati, vi invitiamo ad andare sul sito ufficiale di ASRock:
Partendo dalle basi, la X399 Professional Gaming presenta un mastodontico socket sTR4 tra 8 slot di memoria, con il supporto fino a 128 GB di DRAM DDR4, sia ECC che non ECC, con una frequenza massima di 3600 MHz, anche se tale fattore dipende principalmente dalla “fortuna” che si ha con l’Integrated Memory Controller del proprio processore Threadripper.
La sezione di alimentazione è affidata a 8+3 fasi (CPU+SOC), tutti International Rectifier IR3555M, capaci ognuno di erogare 60 A, per un totale di 480 A per la CPU e 180 A per il SOC (System-On-Chip, ovvero tutto ciò che riguarda i controller on-board della CPU, come quello PCIe, per la connettività e per le RAM), più che sufficienti per alimentare il più spinto degli overclock, sia ad aria che a liquido. Ovviamente, anche le RAM hanno un’adeguata sezione di alimentazione, con 2 fasi per coppia di canali, per un totale di 2+2 fasi, sempre IR3555.
Passando alla connettività, la scheda madre presenta entrate, uscite e connettori di tutto rispetto, con 3 porte Ethernet (2 Gigabit ed una 10 Gigabit, grazie al chip Aquantia AQC107 utilizzato anche su alcune soluzioni concorrenti e sulla ASRock X299 Professional Gaming i9 di ASRock stessa, che abbiamo testato QUI, 8 porte USB 3.1 Gen1, 1 porta USB 3.1 Gen2 Type-A ed 1 porta USB 3.1 Gen2 Type-C. In una configurazione alquanto particolare, il pannello I/O del chip audio, un Realtek ALC1220 con il supporto al software SoundBlaster Cinema 3, che garantisce una maggior qualità di playback e più possibilità di personalizzazione della resa audio rispetto ai driver Realtek tradizionali.
Enorme anche la connettività sul fronte dello storage, con ben 8 porte SATA3 e 3 slot Ultra M.2 (32 Gbps), tutti collegati direttamente alla CPU, per una migliore gestione delle linee PCIe e per far sì che al chipset X399 non venga “tolta” nessuna linea PCIe anche in caso si utilizzino 3 SSD M.2.
Troviamo infine due header per porte USB 3.0 frontali e un connettore U.2, che va ad attingere alle linee PCIe dello slot M.2_1 qualora fosse popolato.
Particolarità della scheda: i due connettori EPS (uno da 4 pin ed uno da 8 pin) sono ai lati opposti della scheda madre, permettendo di avere una configurazione a 4 slot PCIe 16x meccanici senza creare incompatibilità qualora si utilizzassero dissipatori voluminosi (cosa che accade sulla Zenith Extreme visto quanto vicino il socket sTR4 è al primo slot PCIe).
Dentro Threadripper: tutto duplicato–>
Nonostante molti dei design precedenti dei processori di AMD non abbiano soddisfatto le aspettative in passato, Zen rappresenta un balzo fondamentale su tantissimi livelli. Come abbiamo già descritto nella review di Ryzen 7, quest’architettura è stato un design nato dal nulla, piuttosto che semplicemente un’evoluzione di prodotti già esistenti. È un’importante distinzione da sottolineare con una lineup di CPU come Threadripper visto che una semplice evoluzione non avrebbe permesso ad AMD nemmeno di pensare di competere nell’ambiente HEDT. Inoltre, i risultati parlano chiaro in fasce di prezzo inferiori; partiamo quindi dall’inizio e scendiamo pian piano nei dettagli.
Il mattoncino primario di qualsiasi processore basato su Ryzen è il Compute Complex, o CCX. Ognuno di essi ha 4 cores Zen con 2 MB di cache L2 (512 KB per core), 8 MB di cache L3 condivisa e l’abilità di processare 8 thread concorrenti. Così come gli altri processori basati su Zen, anche Threadripper è dotato di una sfilza di tecnologie SenseMI come Precision Boost, Pure Power, XFR, Neural Net Prediction e Smart Prefetch. Per saperne di più consultate l’articolo su Ryzen 7 linkato qualche riga più sopra.
Mettete due di questi CCX insieme che comunicano tra di loro attraverso l’interconnect ad alta velocità di AMD, l’Infinity Fabric, e avrete il layout base di tutte le CPU Ryzen 3, 5 e 7 finora lanciati. Quello che è stato fatto qui è in realtà parecchio interessante, che sia da un punto di vista negativo o positivo visto che ogni die prodotto ha in realtà 8 core. Per creare nuovi SKU, AMD ha semplicemente messo tutti questi die in un processo di binning (=selezione) dove vengono effettuati tagli (letterali, via laser) per le varianti a 4, 6 o 8 Core di Ryzen.
Ovviamente, il mero numero di transistor crea qualche ostacolo sul TDP e sull’efficienza di calcolo, ma l’Infinity Fabric dovrebbe essere abbastanza versatile da (bene o male) compensare. Questo approccio ha anche permesso ad AMD di lanciare in rapida sequenza un enorme numero di processori, facendo pressione sull’intera lineup di Intel senza per fortuna ridisegnare drasticamente i die ogni volta. Come tutto ciò si traduca in Ryzen Threadripper dovrebbe essere abbastanza ovvio ma secondo AMD solo il miglior 5% dei die diventa poi uno di questi processori di fascia alta.
Threadripper prende l’approccio a doppio CCX e lo eleva all’ennesima potenza, semplicemente prendendo una coppia di doppi CCX e installandoli sullo stesso package. Pensatelo come due Ryzen 7 1800X fusi insieme.
Questi due die comunicano tra di loro, ancora una volta, tramite l’Infinity Fabric, risultando in un trio di interconnessioni e di una bandwidth bi-direzionale die-to-die di ben 102.22 GB/s. Detto questo, la struttura ben distinta dei die potrebbe portare con tutta probabilità a latenze on-chip maggiori e minori prestazioni rispetto a un design tradizionale, ma d’altro canto ciò ha permesso ad AMD di stravolgere la sua lineup con un’architettura estremamente scalabile che può essere facilmente adattata in vari scenari d’utilizzo.
Un buon esempio di questa adattabilità è come la lineup di CPU Threadripper sia stata creata. laddove il 1950X ha un insieme di core completamente funzionanti tra i 4 CCX in due die secondo uno schema 4+4|4+4, il 1920X ha un quartetto di core disabilitati uniformemente creando un layout 3+3|3+3. Quasi sicuramente, il 1900X avrà una distribuzione del tipo 2+2|2+2.
Oltre alla potenza grezza di Threadripper, ognuno di questo gigantesci processori funge anche come completo SoC (System-On-Chip). Ognuno ha accesso a 60 linee PCIe 3.0 che possono essere divise tra slot PCIe 16x e storage NVMe e fino a 8 connessioni USB 3.1 GEn1 attraverso la loro interfaccia I/O ad alta velocità. C’è anche posto per un codec audio ad alta definizione integrato. Tale approccio dovrebbe alleviare i colli di bottiglia per i dispositivi di storage ad alta velocità che, su alcune delle piattaforme Intel, deve spartirsi la già ristretta bandwidth su un’interfaccia DMI limitata.
Forse l’aspetto più interessante di questo design è come gestisca le richieste di memoria, e ve ne parliamo nella prossima pagina.
NUMA e UMA: come Threadripper accede alle RAM–>
Una delle sfide inerenti al lavorare con CPU composte da più die è la latenza d’accesso alla memoria. Assistiamo a tale problema sui sistemi multiprocessore e, in margini inferiori, su alcuni dei setup di Intel dalle CPU particolarmente “popolate”. Per metterla in parole semplici, tutto a partire dalle dimensioni fisiche dei core alla lunghezza dell’interconnessione va contro le velocità ottimali di spostamenti nella memoria.
Nel caso di Threadripper, questi effetti sono sia moltiplicati che minimizzati in svariati modi. In ogni processore ci sono due set distinti di memory channel, dove ognuno di questi abbina una coppia di canali con uno dei due die sul package. Mentre questo crea un collegamento veloce di soli 78 ns tra ogni die e il canale “più vicino”, distribuire l’accesso su tutti i canali di memoria può aumentare la latenza fino all’esorbitante numero di 133 ns quando un die dual CCX è costretto a comunicare con i canali più “lontani”.
La ragione di tutto ciò è semplice: i processori Ryzen Threadripper non sono nativamente quad-channels. Piuttosto, AMD ha -per mancanza di una definizione migliore- unito due processori insieme sfruttando l’Infinity Fabric per canalizzare tutte le comunicazioni tra essi. Ciò può causare un notevole aumento della latenza, pertanto un’idea alquanto innovativa è stata implementata: dare all’utente la possibilità di scegliere le modalità di accesso alla memoria.
Distributed Mode
Attraverso il Distributed Mode, il sistema è messo in una configurazione ad Uniform Memory Access, o UMA. UMA significa che gli spostamenti in memoria vengono bilanciati su tutti i canali DRAM, utilizzando l’intero layout dell’architettura quad channel. In essenza, ciò aumenta significativamente la bandwidth disponibile e può beneficiare applicazioni che richiedono un ampio accesso alla memoria come After Effects, Premiere Pro, Blender e 3DS Max.
L’altra faccia della medaglia è che questa configurazione sacrifica la latenza in favore della massima banda passante visto che ognuno dei die cerca di accedere anche ai canali di memoria più distanti. Ecco che quindi entra in gioco il Local Mode nell’equazione di AMD.
Local Mode
Il Local Mode è molto più “subdolo” del Distributed visto che localizza l’accesso alla memoria ai canali che sono fisicamente più vicini ai core che processano il carico di lavoro, posizionando il sistema in una configurazione Non-Uniform Memory Access (NUMA). In molte situazioni in cui Threadripper ha un vantaggio (leggasi: workloads a più thread particolarmente impegnativi) ciò in realtà riduce le performance, visto che abbassa la latenza ma al contempo riduce la banda passante disponibile. Ma c’è un’area chiave dove la configurazione NUMA porta tantissimi benefici: i giochi.
Secondo AMD, la loro ricerca indica che molti titoli beneficiano più di una latenza ridotta che di maggiore bandwidth. Ma non finisce qui, AMD, durante i test interni, ha scoperto qualcos’altro:
Inoltre, il Local Mode (NUMA) suggerisce allo scheduler del sistema operativo che un’applicazione che non utilizza molti thread dovrebbe rimanere in esecuzione su un solo die e preferire la memoria connessa più vicina finché riempita (a tal punto c’è un travaso nella successiva porzione di memoria). Tale residenza in un die minimizza la possibilità che i thread di un gioco (come la fisica, l’IA o il suono) con elevati requisiti di sincronizzazione vengano divisi tra i vari die, generando latenze maggiori. Questo, in aggiunta a latenze inferiori, aumenta specificamente le prestazioni nei giochi.
Sembra quindi che lo scheduler di Windows 10 tratti il setup NUMA come un’entità indissolubile invece che una sezione divisa di due nodi di calcolo distinti. Come risultato il processore potrebbe (in teoria) gestire meglio i carichi di lavoro in-game. Se poi ciò si traduce o meno in realtà, lo scopriremo nelle pagine dei benchmark.
X399: un tuffo nella nuova piattaforma–>
Threadripper è diventato la notizia del giorno per due motivi principali: il numero impressionante di threads e l’incredibile numero di linee PCIe che AMD ha pubblicizzato. Entrambe queste caratteristiche permettono all’azienda di stuzzicare Intel proprio dove fa male visto che i processori nella stessa fascia di prezzo hanno meno threads e un numero di linee PCIe decisamente inferiore.
Sebbene la sua superiorità su carta, AMD ha dovuto cercare un modo per ottimizzare al meglio l’allocazione delle linee PCIe assicurandosi allo stesso tempo che non ci fossero colli di bottiglia quando più dispositivi ad alta bandwidth fossero alla ricerca degli stessi dati nello stesso momento. Ci sono riusciti? Direi proprio di sì, ma anche con 60 (beh, sì, 4 delle 64 linee sono dedicate al collegamento CPU-X399), potrebbe esserci ancora bisogno di qualche compromesso. Onestamente, però, se si arrivano a saturare 60 linee PCIe e il Chipset di Threadripper, forse è meglio guardare altrove, magari su soluzioni server.
Partiamo dall’inizio di tutto con i processori Ryzen Threadripper. Generalizzerò un poco in questa sezione visto che dal 1950X da 999$ al 1900X da 549$ abbiamo la stessa allocazione. In aggiunta, il modo in cui le linee PCIe sono divise potrebbe variare a seconda del produttore della scheda madre, quindi prendete ciò che diremo di seguito come un semplice esempio piuttosto che una regola.
Ogni CPU Threadripper ha accesso a 64 linee PCIe 3.0, quattro delle quali riservate all’interfaccia CPU-chipset. Ciò lascia ancora altre 60 linee PCIe con cui giocare, che possono essere configurate come due slot x16 e due slot 8x per setup fino a quattro schede video. Tuttavia, con entrambe AMD e NVIDIA allontanatesi da un supporto consistente per sistemi a più di due schede, poche se non nessuna scheda madre X399 trarrà veramente vantaggio da un design nativo 16x/16x/8x/8x. Un buon esempio di tutto questo può essere visto sulla ASUS Zenith Extreme.
Ci sono 12 ulteriori linee che possono essere usate per storage PCIe o SATA e suddivise in 3 connessioni da 4 linee ciascuna. Ciò conferisce all’utente l’accesso a soluzioni di storage dalla bandwidth estremamente elevata, ed è notizia recente che, con un aggiornamento BIOS e software, sarà possibile utilizzare tali connessioni per sistemi RAID hardware. I processori Threadripper supportano inoltre 8 porte USB 3.1 Gen1 native e un codec audio ad alta definizione.
Il chipset X399 stesso non è stato lasciato allo scoperto, ovviamente, in quanto esso supporta nativamente fino ad 8 porte SATA III, 5 porte USB 3.1 Gen1 e 7 porte USB 2.0. In aggiunta, ci sono 8 linee PCIe Gen2 disponibili per il collegamento di dispositivi come un modulo Bluetooth, più slot per schede di espansione e così via. La parola d’ordine però qui è “fino a” per tutti i collegamenti visto che starà al produttore della scheda madre quali porte e/o connessioni abilitare sui propri design. Ciò che AMD ci mostra nel suo diagramma (più sopra in pagina) è la versione “fully enabled” che dovremmo vedere raramente nella pratica.
Galleria fotografica: ASRock Fatal1ty X399 Professional Gaming–>
Ecco una serie di immagini che ritraggono la ASRock Fatal1ty X399 Professional Gaming:
Configurazione di sistema e metodologia di test–>
La configurazione utilizzata per i test è la seguente:
CPU | AMD Ryzen Threadripper 1920X |
---|---|
Heatsink | Noctua NH-U12S TR4-SP3 |
Mainboard | ASRock Fatal1ty X399 Professional Gaming |
RAM | G.Skill TridentZ RGB 3466 MHz C16 32 GB |
VGA | Sapphire Radeon RX560 Pulse 4 GB OC |
Sound Card | – |
HDD/SSD | Patriot Hellfire 240 GB M.2 NVMe SSD |
PSU | Seasonic Prime Gold 850 W |
Case | Streacom BC1 Open Benchtable |
Monitor | Acer CB280HK 4K Display |
Keyboard | Razer Blackwidow Chroma V2 |
Mouse | Razer Naga Hex V2 |
OS | Windows 10 Pro x64 Fall Creators Update |
Benchmark sintetici:
- SuperPI 1.5 mod XS 1M e 32M
- WPrime 1.55 32M e 1024M
- Cinebench R11.5
- Cinebench R15
- AIDA64 Photoworxx
- AIDA64 ZLib
- AIDA64 AES
- AIDA64 Hash
- AIDA64 VP8
- AIDA64 SinJulia
Benchmark grafici:
- Ashes of the Singularity, preset Crazy, 1080p, benchmark CPU Focused (DX12)
- 3DMark Fire Strike (DX11)
- 3DMark Time Spy (DX12)
La CPU utilizzata per i test è un Ryzen Threadripper 1920X, gentilmente fornitoci da ASRock stessa. Sul BIOS utilizzato e con la CPU in possesso, le memorie non hanno raggiunto frequenze superiori ai 2933 MHz, ma sembra che con le ultime iterazioni del BIOS, i problemi riscontrati con l’overclock delle RAM siano stati risolti. Attendiamo di provare la X399 Taichi per confermare o smentire.
Benchmark sintetici: AIDA64–>
AIDA64 è uno strumento di analisi, diagnostica e benchmarking per sistemi Windows (e più recentemente, Android), che dispone di una vastissima suite di benchmark e che è diventato, nel tempo, un software di riferimento tra utenti e professionisti per il moitoraggio e il confronto di tutto l’hardware all’interno del proprio PC.
CPU Photoworxx
Questo benchmark esegue diverse operazioni comuni utilizzate durante il fotoritocco. Per la precisione, esegue un numero di operazioni di modifica su un’immagine RGB molto larga.
Questo benchmark stressa le unità SIMD della CPU e il sottosistema delle RAM. CPU Photoworks usa laddove presenti le librerie di istruzioni x87, MMX, MMX+, 3DNow!, 3DNow!+, SSE, SSE2, SSE3, SSE4.1, SSE4A, AVX, AVX2 e XOP e trae beneficio di NUMA, HyperThreading, sistemi multiprocessore e multicore.
CPU ZLib Benchmark
Questo benchmark integer misura le prestazioni combinate di CPU e memorie tramite la libreria di compressione open source ZLib. Il test CPU ZLib utilizza solo le istruzioni base x86 ma ciononostante è un buon indicatore delle prestazioni generali del sistema.
CPU AES Benchmark
Questo benchmark misura le prestazioni della CPU utilizzando la crittografia dati AES (Advanced Encryption Standard). In crittografia, AES è uno standard di crittaggio a chiave simmetrica, ed è utilizzato in svarati strumenti di compressione come 7-zip, WinRAR, WinZIP e anche in soluzioni di encrypting come BitLocker (Windows), FileVault (Mac OSX) e TrueCrypt (open source). Il test AES Benchmark usa le appropriate istruzioni x86, MMX e SSE 4.1, ed è accelerato a livello hardware su processori abilitati tramite il set di istruzioni AES-NI. Questo test rileva e sfrutta HyperThreading, sistemi multiprocessore e multicore.
CPU Hash Benchmark
Questo benchmark misura le prestazioni CPU utilizzando l’algoritmo di hashing SHA1 definito nella FIPSPS 180-3. Il codice dietro questo benchmark è compilato in Assembly, e più importante, utilizza librerie di istruzioni MMX, MMX+, SSE, SSE2, SSSE3 e AVX, con prestazioni superiori su processori che supportano tali instruction sets.e on supporting processors.
FPU VP8 / SinJulia Benchmarks
Il benchmark di AIDA FPU VP8 misura le prestazioni di compressione video utilizzando il codec di Google VP8 (utilizzato per i file WebM) aggiornato alla versione 0.9.5 e stressa l’FPU (Floating Point Unit) della CPU. Il test codifica fotogrammi video dalla risoluzione di 1280×720 in 1 pass ad un bitrate di 8 Mbps con impostazioni di qualità massima. Il contenuto dei fotogrammi viene poi generato dal modulo FPU Julia. Il codice che gestisce questo benchmark utilizza librerie MMX, SSE2 e SSSE3. SinJulia, invece, misura le prestazioni in floating point a precisione estesa (conosciuta anche come 80-bit) tramite il calcolo di un singolo fotogrammi di un frattale “Julia” modificato. Il codice di questo benchmark è scritto in Assembly, e utilizza istruzioni trigonometriche ed esponenziali x87.
Benchmark sintetici 2D: SuperPI e WPrime–>
SuperPI
Un metodo tradizionale per verificare le prestazioni del proprio PC è utilizzare SuperPI mod 1.5 XS: il programma si occupa di calcolare dalle 16k ai 32M di cifre dopo la virgola del π, con una scalabilità clock per clock davvero sorprendente per un programma creato nel 1995. Il programma calcola l’efficienza single-threaded piuttosto che quella multithreaded:
WPrime
Insieme al calcolo delle cifre dopo la virgola del π, un altro metodo valido per verificare le performance del proprio PC è utilizzare WPrime, da noi usato nella versione 1.55 (la stessa valida per i benchmark di HWBot), che consente di trovare dai 32M ai 1024M di numeri primi. Il programma scala enormemente in presenza di CPU multi-core, rappresentando un valido benchmark per il calcolo dell’efficienza multithreaded:
Benchmark sintetici: Cinebench R11.5 e Cinebench R15–>
Cinebench R11.5 e R15
Come da tradizione (e in questo caso particolare, utilizzarli è obbligatorio, come vedrete), fanno capolino tra i benchmark con cui testiamo le prestazioni di un sistema anche le ultime due release di Cinebench, rispettivamente la R11.5 e la R15. Entrambi i test utilizzano un approccio simile di testing: i benchmark utilizzano svariati algoritmi per stressare tutti i core disponibili per renderizzare una scena 3D fotorealistica nel minor tempo possibile. In particolare, con il benchmark nella versione R15, la scena del test contiene approssimativamente 2000 oggetti contenenti più di 300’000 poligoni totali, e usa riflessi sia definiti che sfocati, ombre e luci a zona, shaders procedurali, antialiasing e tanto altro ancora. Questo benchmark può effettuare misurazioni fino ad un massimo di 64 threads, con il risultato che viene fornito in punti (Points): ovviamente, più punti totalizzate, più potente sarà il vostro sistema:
Benchmark 3D: 3DMark, Ashes of the Singularity–>
3DMark Fire Strike e Time Spy
In concomitanza con il lancio di Windows 8, Futuremark ha lanciato il nuovo 3DMark, chiamato appunto 3DMark, senza alcun numero riconoscitivo, a segnare la forte integrazione che ha con qualsiasi sistema, da Android a Windows a iOS a OSX, dando per la prima volta la possibilità di paragonare le prestazioni su smartphone e PC fisso in maniera schematizzata e professionale. Il benchmark dispone di svariati test, di cui utilizziamo i più intensivi per mettere alla prova le schede video.
Tra questi, il più impegnativo è il Fire Strike, che spinge la tessellazione a livelli davvero elevati, e che “vanta” due versioni ancora più spinte: Extreme (con scene pre-renderizzate a 2560×1440) ed Ultra (scene pre-renderizzate a 3840×2160, ovvero 4K). Purtroppo, a nostra disposizione
Recentemente, invece, è stato introdotto il benchmark Time Spy, che testa le prestazioni delle GPU sfruttando le nuove API Microsoft DirectX 12, con scene pre-renderizzate a 2560×1440:
Ashes of the Singularity
Ashes of the Singularity è quello che Stardock (la software house creatrice del gioco) definisce come un gioco strategico di warfare planetario, e con le sue mappe enormi e le migliaia di unità a schermo durante i combattimenti full-scale, non si può far altro che dare ragione all’azienda.
Ciò che viene spesso associato ad Ashes è l’incredibile onere che applica ai sistemi grafici (e non solo, il gioco è famelico di core e GHz), tramite l’utilizzo di DirectX 11 e 12. Il preset Crazy è in grado di mettere in ginocchio qualsiasi GPU in commercio già alla risoluzione Full HD. Il gioco si avvale del supporto alle tecnologie AMD, prendendo spunto dal motore grafico Nitrous utilizzato in uno dei primi benchmark per Mantle, Star Swarm:
Considerazioni finali–>
[conclusione]
[titolo]Design, qualità costruttiva e software[/titolo]
Così come con la X299 Professional Gaming i9, di cui la scheda condivide quasi totalmente il layout, ci troviamo di fronte ad una scheda madre di fascia alta, ed infatti la scheda dispone di materiali di alta qualità e di un layout ottimizzato anche per configurazioni particolarmente popolate. La X399 professional Gaming è impeccabile, con una sezione d’alimentazione a 8+3 fasi capaci di erogare fino a 480 A (più che sufficienti anche sotto LN2, anche se la scheda non è fatta per il freddo estremo), ma ancora una volta non c’è un richiamo particolarmente forte al brand “Fatal1ty” nelle linee della scheda, se non per i loghi che troviamo sul dissipatore PCH e sul PCB.
Riguardo alla sezione di alimentazione, con i nostri test sul 1920X a default (che è comunque una CPU da ben 180 W senza overclock), le fasi sono rimaste praticamente a temperatura ambiente con il solo dissipatore Noctua a muovere aria nei pressi dei blocchi in alluminio responsabili del raffreddamento dei VRM, ricordando che per le recensioni utilizziamo una Streacom BC1 Open Bench Table, dove l’airflow è praticamente assente.
Sul fronte del puro design, volendo essere pignoli, potremmo lamentarci ancora una volta del fatto che la scheda, così come molte delle mainboard dell’azienda, non presenta una vasta illuminazione RGB, con il solo dissipatore PCH ad esserne dotata. Una scelta coraggiosa, ma col senno di poi sarebbe meglio fornire una scelta ampia agli utenti, soprattutto visto il prezzo per niente affatto contenuto della X399 Professional Gaming.
Ancora, un altro fattore penalizzante è la presenza di un controller WiFi AC single antenna 1×1, il che limita i benefici dell’utilizzo di un WiFi di ultima generazione a causa della velocità di soli 433 Mbps. ASRock, aggiorna le tue antenne, visto che sono anni che utilizzi lo stesso modulo.
Completata l’analisi dell’hardware, passiamo al software: ancora una volta, abilitando il CSM (Compatibility Support Module), il software F-Stream non ha dato alcun problema, permettendo di gestire parametri come voltaggi, frequenze, temperature e velocità delle ventole dallo stesso software, direttamente in Windows.
[voto=”9″]
[/conclusione]
[conclusione]
[titolo]Performance e overclock[/titolo]
Guardando le performance, essendo la prima (ed unica) scheda madre che recensiamo con un 1920X (nel frattempo, abbiamo acquistato un 1950X per le recensioni di Threadripper), sfortunatamente non possiamo fare confronti in multithread con soluzioni concorrenti. Al contrario, è importante vedere come il maggiore clock base del 1920X durante il boost permetta di ottenere prestazioni single thread superiori anche al 1950X.
La scheda permette di fare tantissimo overclock, poi, grazie alla robusta sezione di alimentazione a 8+3 fasi (+ altre 4 fasi per le memorie DDR4), lasciando spazio agli smanettoni per quanto Threadripper lo permetta.
Unica nota: la scheda praticamente non ha limiti, e il risultato del vostro overclock dipenderà esclusivamente dalla “fortuna” della vostra CPU e, soprattutto, dal sistema di raffreddamento.
[voto=”10″]
[/conclusione]
[conclusione]
[titolo]Compatibilità e connettività[/titolo]
La connettività di questa scheda è immensa, con 8 porte SATA 3, fino a 18 porte USB, 3 slot Ultra M.2 da 32 Gbps ciascuno, uno slot U.2 (raro ma sempre ben accetto), Wifi 802.11ac (sebbene a soli 433 Mbps), due scheda Gigabit Ethernet LAN, una scheda 10G Aquantia Ethernet, e ovviamente supporto a configurazioni multi scheda fino a 4 GPU, memorie DDR4 fino a 128 GB e tutte le CPU basate su socket sTR4 finora lanciate.
[voto=”9″]
[/conclusione]
[conclusione]
[titolo]Prezzo[/titolo]
Il prezzo della scheda madre è di circa 450 € su Amazon (clicca QUI per acquistarla tramite il nostro referral), un prezzo sì elevato ma guardando ciò che offre la X399 Professional Gaming, abbastanza adeguato. Se volete una scheda praticamente identica, se non per l’assenza della scheda di rete 10G e le ottimizzazioni del software Sound Blaster Cinema 3, potete sempre optare per la X399 Taichi, che però costa circa 100 € in meno (QUI il link per acquistarla tramite il nostro referral).
Come al solito, vi invitiamo ad acquistare presso i rivenditori ufficiali ASRock, in quanto pur presentando un prezzo superiore ai VAT Player (coloro che evadono l’iva tramite meccanismi al limite della legalità), forniscono supporto post-vendita/RMA, cosa che suddetti rivenditori non ufficiali non garantiscono.
[voto=”8″]
[/conclusione]
In conclusione, la X399 Professional Gaming della serie Fatal1ty di ASRock è un prodotto eccellente sotto tutti i punti di vista, “storpiata” da una connettività WiFi non al passo con i tempi, illuminazione RGB che non regge il confronto con soluzioni concorrenti e un prezzo non proprio alla portata di tutti. Per questo motivo, la scheda sfiora di un soffio il massimo dei voti, aggiudicandosi il nostro Hardware Platinum Award:
Per oggi è tutto, ringraziamo ASRock per il sample oggi recensito.
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La recensione
ASRock Fatal1ty X399 Professional Gaming
La ASRock Fatal1ty X399 Professional Gaming è una scheda madre di fascia enthusiast mirata a chi vuole creare un potente sistema Threadripper.
Pro
- Sezione di alimentazione incredibilmente robusta
- Design minimalista...
Contro
- ...forse un po' troppo
- Prezzo elevato
- WiFi fermo ai 433 Mbps
ASRock Fatal1ty X399 Professional Gaming Prezzi
Raccogliamo informazioni da vari negozi per indicare il prezzo migliore